L’Egitto, uno dei principali paesi mediatori nei colloqui di pace su Gaza, si è unito formalmente al Sudafrica nel denunciare Israele presso la Corte internazionale di giustizia (ICJ) per genocidio nella Striscia.
Un segnale di rottura del lungo legame di collaborazione tra Tel Aviv e Il Cairo.
L’Egitto ha affermato che chiederà a Israele “di rispettare i suoi obblighi come potenza occupante e di attuare le misure provvisorie emesse dall’ICJ, che richiedono di garantire l’accesso agli aiuti umanitari e di soccorso in modo da soddisfare i bisogni dei palestinesi nella Striscia di Gaza”.
Il ministero degli Esteri egiziano ha dichiarato di essere intervenuto sulla questione a causa delle crescenti operazioni di Israele a Gaza, in particolare a Rafah.
Fonti della sicurezza egiziane, tra l’altro, hanno accusato Israele di essere responsabile della rottura dei colloqui di pace al Cairo e delle crescenti tensioni tra i due vicini. Tensioni che sono aumentate, soprattutto nelle aree di confine come, appunto, la città di Rafah, dove nell’ultima settimana le operazioni dell’esercito israeliano si sono intensificate.
Nel dicembre 2023, due mesi dopo l’inizio dell’intervento militare israeliano nella Striscia, il Sudafrica ha intentato presso il Tribunale internazionale dell’Aia una causa in cui accusa Israele di perpetrare un genocidio nei confronti della popolazione palestinese.
Con una sentenza del 26 gennaio, la Corte internazionale, ritenendo “plausibile” l’esistenza di un genocidio, aveva esortato Israele a ridimensionare la sua offensiva e a ridurre i danni causati ai civili. Due mesi dopo ordinava a Israele di garantire l’accesso senza restrizioni di aiuti umanitari.
Al momento della prima udienza le vittime a Gaza erano 28mila, di cui oltre la metà donne e bambini. Secondo l’ultimo aggiornamento fornito dall’autorità palestinese, il bilancio oggi ha oltrepassato le 35mila.
Il 10 maggio il Sudafrica ha dunque chiesto al tribunale delle Nazioni Unite di emanare ordini urgenti per la sospensione dell’attacco israeliano e il ritiro dei militari da Rafah.