Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha emanato a fine gennaio un decreto per l’assegnazione di nuove porzioni di territorio alle Forze Armate, alimentando le critiche contro il radicato coinvolgimento economico dell’esercito, mentre si aggravano i problemi finanziari della nazione nordafricana.
La critica è che mentre si assegnano nuove fette di potere economico ai potentati militari, lo stato, proprio per la crisi economica che lo attanaglia, ha chiesto finanziamenti al Fondo monetario internazionale.
Proprio i militari hanno costretto lo stato a prendere in prestito grandi somme di denaro, aumentando un debito immenso.
L’ultimo pacchetto del Fmi al Cairo – il quarto in sei anni – è un accordo di 46 mesi nell’ambito dell’Extended Fund Facility (EFF) del valore di 3 miliardi di dollari. Ma tra i requisiti dell’accordo c’è quello di «aprire la strada a una crescita inclusiva e guidata dal settore privato».
E per molti economisti l’assegnazione di nuovi terreni ai militari è una chiara violazione di quell’accordo, visto che la maggior parte delle persone incontra molte difficoltà nell’accedere ai terreni statali.
Lo stato dall’assegnazione ai militari non riceve nulla in cambio: l’esercito non paga né la dogana né le tasse, il che rende impossibile la concorrenza leale richiesta dal Fmi.
Comportamento monopolistico
Situato nel deserto, il territorio assegnato ai militari ha una profondità di due chilometri su entrambi i lati di 31 nuove strade.
Il decreto, non il primo di questo tipo, stabilisce che l’Autorità generale di pianificazione urbana, in coordinamento con «le autorità interessate del Paese», sarà incaricata di completare i piani di sviluppo di queste aree entro un anno dalla data di attuazione del decreto.
Una decisione che rientra nel comportamento monopolistico dell’esercito, in riferimento al suo ruolo economico che dura da decenni.
La designazione di assegnare al ministero della difesa terreni lungo 3.696 km di strade interurbane consente ai militari di godere dell’usufrutto commerciale esclusivo, violando l’impegno assunto con il Fmi di «livellare il campo di gioco» con il settore privato e di sottoporre i militari alle stesse regole dei civili.
L’esercito è fortemente coinvolto nell’economia egiziana, dalla produzione di biscotti alla costruzione di nuove città. Secondo un rapporto della Banca mondiale oggi ci sono 60 società affiliate a entità militari che operano in 19 dei 24 settori dei Global Industry Classification Standards. La National Service Projects Organization (Nspo) dell’esercito ne controlla 32, un terzo dei quali è stato istituito dopo il 2015.
Secondo l’indice dei responsabili degli acquisti di IHS Markit, che valuta le condizioni del settore privato, l’attività commerciale non petrolifera nella nazione araba più popolosa è in contrazione da 14 mesi fino a gennaio 2023.
Una volta al-Sisi aveva detto che solo attraverso i militari, le cui capacità sono di gran lunga superiori a quelle del settore privato, l’Egitto potrà ricostruire la sua economia in crisi, in particolare per quanto riguarda i mega progetti infrastrutturali.
I funzionari spesso minimizzano le affermazioni secondo cui il coinvolgimento economico dei militari mette in ombra il settore privato. L’anno scorso, il primo ministro Mostafa Madbouly ha dichiarato che le aziende militari rappresentano meno dell’1% dell’economia egiziana.
I militari usciranno dall’economia egiziana?
Lo scorso gennaio, il governo ha approvato nuove regole volte a limitare le spese statali per nuovi progetti, in particolare quelli che necessitano di dollari, e l’obbligo per gli enti statali di ottenere l’approvazione della banca centrale prima di spendere valuta estera.
Lo stato ha anche adottato il Documento sulla politica di proprietà dello Stato che dovrebbe consentire una maggiore partecipazione del settore privato per generare crescita economica ed espandere i livelli di investimenti ed esportazioni locali.
Il governo, inoltre, si starebbe preparando a offrire 20 aziende statali attraverso un’offerta pubblica o la vendita di azioni agli investitori per aumentare la partecipazione del settore privato.
Se questo possa essere considerato un’indicazione della volontà dell’esecutivo di compiere il passo decisivo, da tempo auspicato, di eliminare gradualmente il ruolo economico dell’esercito (come sottolineato da un articolo di gennaio dell’Economist intitolato To save Egypt’s economy, get the army out of it) resta molto discutibile.