Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden ha annunciato il parziale ripristino degli aiuti militari all’Egitto per l’anno fiscale 2022.
235 milioni di dollari degli 1,3 miliardi che ogni anno arrivano da Washington al Cairo erano stati condizionati al rispetto dei diritti umani. Di questi, 130 milioni erano già stati sospesi nel 2022, mentre quest’anno non arriveranno al Cairo “solo” 85 milioni di dollari.
In altre parole, Abdel Fattah al-Sisi ha ottenuto aiuti militari USA superiori ai due anni precedenti nonostante i progressi nel rispetto dei diritti umani siano solo parziali, temporanei e continuino gli arresti di oppositori politici e cittadini critici.
Le polemiche negli Stati Uniti
Alcuni parlamentari e think tank per la difesa dei diritti umani avevano chiesto di aumentare la parte di aiuti condizionata al rispetto dei diritti, portandola a 320 milioni. Invece, secondo il Wall Street Journal, 55 milioni degli 85 milioni che non arriveranno al Cairo andranno a Taiwan e gli altri 30 al Libano.
Per spiegare la decisione, il segretario di Stato Antony Blinken ha applicato la clausola della sicurezza nazionale che ha di fatto messo da parte le preoccupazioni avanzate dal Dipartimento di Stato in merito alla repressione che va avanti nel paese da oltre dieci anni, dopo il golpe del 2013.
In particolare, Blinken ha citato gli sforzi per una mediazione del cessate il fuoco in Sudan e l’impegno a mediare perché si tengano elezioni in Libia come giustificazioni valide per ripristinare gli aiuti al Cairo che erano stati parzialmente congelati già dall’amministrazione Obama.
Molto meno critico verso la leadership militare egiziana era stato l’ex presidente Donald Trump, che aveva definito al-Sisi il suo «dittatore preferito».
Vari analisti, tra cui Seth Binder del Project on Middle East Democracy, hanno duramente criticato la decisione, sottolineando fino a che punto l’Egitto sia in Sudan sia in Libia, con il sostegno incondizionato al generale Khalifa Haftar, appoggi solo uno tra i contendenti per il potere.
Come se non bastasse, l’Egitto ha un rapporto privilegiato con Mosca, consolidato durante la guerra in Ucraìna e messo a dura prova dai tagli alle forniture di grano da parte dei due paesi, che preoccupa non pochi a Washington.
E così, il senatore democratico Ben Cardin ha criticato la decisione, considerando che permetterà ad al-Sisi di agire in continuità con il passato, senza un cambiamento vero che migliori il rispetto dei diritti.
«Se vogliamo mostrare al mondo che il rispetto dei diritti umani è al centro della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, dobbiamo fare di più affinché governi autoritari siano trasparenti», ha commentato il senatore democratico Chris Murphy, parlando di una «opportunità mancata».
Bambini soldato nell’esercito
Mentre non si placano le polemiche negli Usa per la decisione di aumentare gli aiuti militari all’Egitto, il Dipartimento di Stato USA per la prima volta ha aggiunto il Cairo alla lista dei paesi che usano bambini soldato.
La decisione è arrivata pochi giorni dopo la pubblicazione del report della Fondazione Sinai per i diritti umani che ha documentato come le forze armate egiziane e le milizie pro-governative abbiano reclutato sistematicamente bambini per combattere contro i gruppi attivi nell’area, in alcuni casi affiliati allo Stato islamico (Isis) nel Sinai, tra il 2013 e il 2022.
Secondo il report, decine di bambini dai 12 anni in su sono stati seriamente feriti o hanno perso la vita negli scontri degli ultimi anni nell’instabile regione al confine con Israele.
Sarebbe bastato questo per fermare gli aiuti militari all’Egitto, secondo la legge USA del 2008 contro i bambini soldato, ma ancora una volta Washington ha fatto un’eccezione per motivi di sicurezza nazionale.
Il caso Hisham Kassem
A conferma che la repressione non accenna a diminuire, l’attivista ed editore Hisham Kassem è stato condannato a sei mesi di prigione lo scorso 16 settembre. Kassem era stato arrestato lo scorso agosto dopo le critiche mosse da Kamal Abu Aita, parte della Commissione per la grazia presidenziale, dopo una querelle online.
L’uomo è stato poi accusato di aver verbalmente minacciato un poliziotto durante la custodia cautelare. Kassem è anche il leader della Corrente Libera, una coalizione liberale a cui hanno aderito molte figure di opposizione.
Dopo l’arresto dell’attivista, la Corrente ha annunciato la sospensione di tutte le sue attività politiche e l’intenzione di boicottare le prossime elezioni presidenziali, previste a febbraio 2024 e anticipate al prossimo dicembre.
Sette think tank egiziani hanno condannato la decisione, assicurando che il dialogo nazionale in corso è una farsa. “Le autorità egiziane mostrano tolleranza zero verso il dissenso per assicurare che al-Sisi non abbia alcuna seria opposizione politica”, si legge in una nota.
La sola figura di peso dell’opposizione che ha espresso l’intenzione di candidarsi alle prossime elezioni è il leader di Karama (Dignità), Ahmed al-Tantawi.
Decine di suoi sostenitori sono stati arrestati e Tantawi è stato preso di mira dal regime. Secondo Citizen Lab, il cellulare di Tantawi è stato hackerato in varie occasioni usando lo spyware Predator.
Lo stesso sarebbe successo ad un altro politico di opposizione in esilio, Ayman Nour. L’Iniziativa egiziana per i diritti personali (EIPR) ha aggiunto che almeno 35 esponenti della campagna elettorale per Tantawi sono stati arrestati nelle ultime tre settimane.
A dieci anni dal golpe militare che ha archiviato la stagione delle Primavere arabe, l’Egitto di al-Sisi, che pur vuole mostrarsi come pronto ad affrontare le sfide economiche del futuro, promuovendo per esempio la realizzazione della Nuova Capitale Amministrativa (NCA) e il riavvicinamento con la Turchia, fatica ancora a chiudere i conti con il passato e ad allargare lo spazio di accessibilità al dissenso politico.