Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha incontrato al Cairo il suo omologo egiziano, Abdel Fattah al-Sisi. Da dodici anni, dopo il golpe del 3 luglio 2013, le relazioni bilaterali tra i due paesi sono state congelate in seguito all’arresto dell’ex presidente, Mohammed Morsi.
Erdogan, tra i più importanti esponenti dell’islamismo politico al potere nella regione, ha più volte difeso la legittimità del ruolo della Fratellanza musulmana in Egitto. Per esempio ha adottato il simbolico segno con le quattro dita della mano, nei principali eventi pubblici, per ricordare il massacro di Rabaa el-Adaweya, quando nel 2013, tra i mille e duemila sostenitori della Fratellanza musulmana vennero uccisi dalle forze di sicurezza al Cairo.
Le tappe del rapprochement
I primi sforzi per un riavvicinamento tra i due paesi si sono realizzati con la simbolica stretta di mano tra al-Sisi ed Erdogan durante i Mondiali di calcio in Qatar nel 2022. E così lo scorso anno i due paesi hanno nominato ambasciatori reciproci mentre la Turchia ha fatto sapere che fornirà droni armati all’Egitto.
Già dal 2021 vanno avanti i tentativi diplomatici per il riavvicinamento tra i due paesi. Nel maggio 2022 una delegazione turca è andata al Cairo per parlare di Libia. Questi incontri hanno aperto la strada a due round negoziali tra Egitto e Turchia a livello di vice ministri degli esteri per affrontare il tema del caos istituzionale libico.
Non solo, l’accantonamento a data da destinarsi del progetto per la realizzazione del gasdotto EastMed ha spinto le autorità egiziane a smorzare i toni in merito all’accordo marittimo tra Turchia e Libia del 2020. E così, il ministro degli esteri egiziano, Sameh Shokry, ha ammesso che l’accordo non «mette a rischio» i rapporti bilaterali tra i due paesi.
Turchia ed Egitto sono competitor anche nel mercato del gas nel Mediterraneo orientale con Ankara, impegnata al fianco di Mosca nel progetto di diventare l’hub per il gas russo diretto in Europa attraverso il gasdotto Turkish Stream, e con l’Egitto che rappresenta ormai il secondo esportatore di gas in Africa dopo la scoperta nel 2015 del prospetto Zohr IX.
Nell’incontro di mercoledì al Cairo, i due leader hanno firmato vari accordi parlando di «una nuova era di relazioni» che porterà il commercio tra i due paesi a toccare i «15 miliardi di dollari all’anno in pochi anni» e a rafforzare la cooperazione diplomatica in Medio Oriente e in Africa. «Al momento l’Egitto è il principale partner commericale della Turchia», ha fatto sapere al-Sisi.
La visita di Erdogan al Cairo è arrivata in giorni cruciali per il conflitto in corso a Gaza e per gli infruttuosi tentativi diplomatici di Turchia, Egitto e Qatar di arrivare a un cessate il fuoco. Una delegazione israeliana ha visitato il Cairo lo scorso martedì, mentre una delegazione di Hamas è arrivata nella capitale egiziana lo scorso mercoledì.
La guerra a Gaza
Durante la conferenza stampa al Cairo, Erdogan ha denunciato «la politica di occupazione e i massacri del governo di Benjamin Netanyahu» a Gaza. Ha anche chiesto alla comunità internazionale che «questa follia che porterà ad un genocidio non accada», in relazione alla possibilità di un’invasione di terra israeliana al valico di confine con l’Egitto a Rafah.
Dal canto suo, al-Sisi ha criticato Israele per «gli ostacoli che rallentano la consegna di aiuti umanitari a Gaza». In realtà il valico tra Sinai e Striscia di Gaza è rimasto prevalentemente chiuso nonostante il gran numero di feriti gravi e di sfollati accampati a due passi dal confine con l’Egitto, dopo lo scoppio del conflitto lo scorso 7 ottobre 2023.
La necessità di un canale diretto di comunicazione tra Ankara e il Cairo non riguarda soltanto il conflitto in corso a Gaza ma i principali conflitti regionali dalla Libia, al Sudan fino alla Siria, dove i due paesi ricoprono ruoli di rilievo.
Il valico di Rafah
Il conflitto a Gaza già ha fatto sentire i suoi effetti sul Cairo. La vacillante sicurezza nel Mar Rosso per i continui attacchi dei miliziani sciiti yemeniti Houthi alle navi commerciali internazionali che dal Golfo di Aden si dirigono nel Canale di Suez mette a dura prova la stabilità regionale.
Gli attacchi hanno causato perdite economiche per il Cairo fino al 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo l’Autorità del Canale.
Ma le maggiori criticità riguardano ancora una volta il Sinai. 40 carriarmati sono stati inviati dall’esercito egiziano per mettere in sicurezza il confine con la Striscia nelle ultime due settimane. Il dispiegamento è avvenuto mentre continuavano le operazioni israeliane a Rafah e mentre cresce il timore del Cairo che migliaia di palestinesi saranno spinti al di là del confine in caso di un’operazione di terra israeliana.
Lo scorso 18 ottobre, il presidente egiziano al-Sisi aveva chiesto all’esercito israeliano di evacuare i palestinesi di Gaza non nel Sinai ma «nel deserto del Negev», aggiungendo che l’evacuazione dei palestinesi nel Sinai e il pieno controllo del confine tra i due paesi da parte dell’esercito israeliano avrebbe trasformato la penisola in una base per attacchi contro Israele.
Al-Sisi e il “sostegno popolare”
Dopo la vittoria elettorale dello scorso dicembre che ha spianato la strada del potere senza opposizioni oltre il 2030 all’ex generale al-Sisi, si apre una nuova pagina nei rapporti bilaterali tra Egitto e Turchia.
I due paesi devono parlarsi per discutere dei principali conflitti regionali, a partire dalla guerra in corso a Gaza, ma anche per discutere di investimenti e gasdotti.
Tuttavia, in un contesto di crisi economica, svalutazione della lira egiziana e prezzi alle stelle, il mito del sostegno popolare al presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi – messo a dura prova dai reportage del quotidiano indipente MadaMasr che raccontano degli incentivi senza precedenti messi in campo per spingere gli egiziani a recarsi alle urne – potrebbe essere offuscato proprio dall’inconsistenza delle iniziative per il cessate il fuoco a Gaza da parte egiziana. Il Cairo, ancora una volta troppo impegnato a difendere gli interessi israeliani nella regione.