Un paese che sta andando dritto verso il caos. È questo lo scenario che si sta rafforzando in Mozambico, dopo che il conteggio dei voti sta avanzando a ritmo di lumaca e con livelli di trasparenza infimi per un paese che ha realizzato, il 9 ottobre scorso, le sue settime elezioni generali. In molti hanno affermato che, questa volta, il partito-stato Frelimo avrebbe esagerato. In realtà, è molto probabile che i processi elettorali, in Mozambico, siano da sempre stati caratterizzati da manipolazioni molto significative.
Basti ricordare quel che accadde nel 1999 (seconde elezioni dopo le prime del 1994), quando il candidato dell’opposizione, Afonso Dhlakama, aveva probabilmente vinto contro Chissano, candidato del Frelimo e presidente uscente, ma a cui non venne riconosciuto un clamoroso risultato; o anche nel 2014, quando lo scenario si replicò quasi in fotocopia. Per non parlare delle ultime amministrative del 2023.
2024: un conteggio parallelo più sofisticato
I tempi, però, erano altri: le opposizioni, la Renamo in particolare, non avevano gli strumenti tecnologici adeguati per dimostrare il livello dei brogli che la macchina messa in piedi dal Frelimo aveva orchestrato sin dal 1994.
Nelle ultime elezioni amministrative dello scorso anno e ancora di più in quelle del 9 ottobre scorso la situazione è completamente cambiata: Venâncio Mondlane, il candidato di Podemos e vero, unico antagonista di Daniel Chapo e del Frelimo, ha messo in piedi un vero e proprio centro di conteggio parallelo a Maputo.
Nella capitale, i risultati di ogni seggio arrivano in tempo reale, coi verbali originali fotocopiati, con tanto di firma da parte del presidente di seggio e di tutti i commissari, immessi nel sistema, entrando così nel computo generale del conteggio.
La trasparenza è massima, poiché i verbali sono stati messi in rete, su Google Drive, quindi sono consultabili da tutti. Per il momento, Venâncio Mondlane sarebbe in vantaggio con una maggioranza assoluta, di circa il 53%, mentre Chapo si attesterebbe intorno al 40%.
I dati ufficiali, però, raccontano un’altra storia: la Commissione nazione delle elezioni (CNE) sta dicendo che è Chapo ad avere ampi margini di vittoria (più del 60%), con un processo elettorale caratterizzato da frodi massicce e anche molto dozzinali.
Si va da gruppi di cittadini dello Zimbabwe appartenenti al partito di governo dello ZANU-PF che hanno serenamente dichiarato, alla stampa del loro paese, di aver prestato il loro servizio alla causa del Frelimo andando a votare, in cambio di denaro, per le elezioni del Mozambico in favore del partito al governo, alla mancata affissione di quei verbali già inseriti nel sistema informatico montato da Mondlane, che poi vengono sostituiti da altri verbali prestampati, tutti in favore del Frelimo e del suo candidato.
Non pochi di questi verbali hanno fatto contare più voti al candidato del Frelimo rispetto al numero totale di votanti, arrivando così a situazione paradossali; in varie occasioni sono state scoperte vere e proprie centrali di voti prefabbricati, pronti a sostituire quelli effettivi… Insomma, i noti meccanismi di adulterazione della volontà popolare, questa volta, stanno dimostrando tutti i loro limiti.
Le critiche degli osservatori internazionali
Alcune delle organizzazioni chiamate a svolgere il ruolo di osservazione elettorale hanno già segnalato questa situazione. In un report iniziale, Kenny Anthony, ex-primo ministro di Santa Lucia e rappresentante del Commonwealth, di cui anche il Mozambico fa parte, incaricato di guidare la missione di osservazione elettorale dell’organizzazione ha infatti sottolineato la totale inaffidabilità degli organismi elettorali che dovrebbero garantire imparzialità nel conteggio dei risultati elettorali, mentre anche l’Unione Europea ha segnalato irregolarità significative nel conteggio dei voti.
Nel frattempo, la Procura generale della Repubblica sta intimando Mondlane – già dichiaratosi vincitore delle elezioni – di attendere i risultati ufficiali, evitando di istigare il popolo alla rivolta, mentre il silenzio verso le frodi elettorali e le lentezze della CNE nel divulgare i risultati è addirittura assordante. Come, del resto, lo è quello di Daniel Chapo e del Frelimo, che a oggi non si sono pronunciati.
Scenari complessi
Comunque la si consideri, la situazione è molto complessa. Il muro contro muro fra Mondlane e il Frelimo sta assumendo contorni, peraltro largamente prevedibili, di uno scontro totale. Mondlane ha già detto che, questa volta, non recederà di un millimetro dal suo diritto di essere proclamato presidente della repubblica, mentre ha già fissato per il 21 ottobre prossimo il primo sciopero generale in segno di protesta contro risultati elettorali che ritiene figli di brogli inaccettabili.
Il suo popolo, d’altronde, è determinato a seguirlo: nelle reti sociali la parola d’ordine è di cacciare il nuovo colono nero (il Frelimo), facendo riacquistare una dignità collettiva persa da tempo.
Di fronte a uno scontro ad alzo zero che si prospetta come lo scenario più probabile, qualcuno cerca soluzioni più pacifiche: Manuel de Araújo, attuale sindaco di Quelimane, esponente di spicco della Renamo ma in ottimi rapporti con Mondlane, è in giro per l’Europa per cercare di dimostrare l’entità dei brogli, e sollecitare una soluzione alternativa al prevedibile bagno di sangue fissato per la prossima settimana in Mozambico.
Altri hanno lanciato una petizione per annullare le elezioni, e procedere a nuove consultazioni in breve, mentre alcuni intellettuali, come il filosofo Severino Ngoenha, stanno facendo appello alla calma e all’unità delle forze nazionali più responsabili.
In realtà, il paese sta precipitando verso una situazione venezuelana, con davvero pochi soggetti capaci (e interessati) a compiere una mediazione fra le due parti, forse vivendo ancora nell’illusione di un popolo mozambicano diviso, in cui le istanze individuali prevalgono su quelle collettive.
Anche questo, probabilmente, è un errore di lettura grossolano, visto che ormai da due anni il popolo che sta seguendo Mondlane si è smarcato dal tradizionale individualismo mozambicano, facendo risuonare una nota frase di Nelson Mandela, secondo cui “la libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti”.
Su questa base, governo mozambicano ed entità internazionali dovranno fare i conti per tracciare possibili vie di uscita per un paese che, dopo il 9 ottobre, non sarà più quello di prima, succeda quel che succeda.