«La situazione dei diritti umani in Eritrea rimane disastrosa e non mostra nessun segno di miglioramento». Lo dice un rapporto presentato ieri dall’Alta commissaria aggiunta al Consiglio dei diritti umani dell’Onu, Nada Al-Nashif.
La commissaria ha spiegato che l’Onu ha raccolto «informazioni credibili» che danno conto di «torture, condizioni di detenzione inumane e sparizioni forzate». Il rapporto rileva che «è allarmante che tutte queste violazioni dei diritti umani siano compiute nella totale impunità ». E sottolinea che le autorità di Asmara non hanno offerto nessuna collaborazione.
Il paese del Corno d’Africa, governato da Isaias Afwerki fin dall’indipendenza dall’Etiopia (1993), non da oggi si segnala per l’autoritarismo e il disprezzo di ogni forma di democrazia.
Una dittatura che ha stabilito la leva universale obbligatoria e di durata illimitata, provvedimento che è diventato ancora più stringente con il sostegno dell’esercito eritreo alla truppe etiopiche nella guerra del Tigray scoppiata nel novembre del 2020. Il coinvolgimento nella guerra civile etiopica è stato fortemente criticato dalla Chiesa cattolica.
E in territorio etiopico l’esercito di Asmara si è macchiato – sostengono numerose organizzazioni di difesa dei diritti umani – di atrocità , in particolare del massacro di centinaia di civili nella città di Aksum e nel villaggio di Dengolat.
Isaias Afwerki (che in sede Onu si è schierato con la Russia che ha aggredito l’Ucraìna) ha respinto le accuse a carico del suo esercito definendole «fantasie, frutto di disinformazione». Questo del resto è sempre stato l’atteggiamento del regime eritreo: chiudersi a riccio, negare tutto e farsi beffa della comunità internazionale.