«Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio». Facendo proprie queste parole scritte da san Paolo nella lettera ai Romani, il presidente dell’Eritrea Isaias Afwerki ha dichiarato in una recente intervista che non si dimetterà da presidente fino a quando Dio stesso non gli ordinerà di farlo. E chiunque sfidi la volontà di Dio, ha sostenuto con enfasi il despota, al potere dal 1991, verrà spedito in un campo di concentramento.
Mentre Isaias giustifica il proprio “mandato eterno” per volere divino, le relazioni tra Etiopia ed Eritrea si sono andate deteriorando a partire dalla fine del conflitto ch dal 2020 al 2022 aveva contrapposto al governo di Addis Abeba lo stato-regione del Tigray. In quel periodo l’esercito eritreo era penetrato in Tigray per combattere a fianco dell’esercito federale. Alla fine del conflitto, tuttavia, invece che rientrare nei propri confini le forze armate di Asmara sono rimaste nella regione, di cui ancora occupano diverse aree.
Le violenze contro i profughi
Nel frattempo i voli e le linee telefoniche tra Addis Abeba e Asmara sono stati sospesi e i contatti diplomatici tra i loro leader sono cessati. A pagare il prezzo della dissennatezza del presidente eritreo sono non solo i suoi sudditi ma le migliaia di profughi che dal paese avevano cercato rifugio in Etiopia ma a anche in Sudan. Paese dove però sono di nuovo costretti a lasciare i luoghi in cui si erano stabiliti a causa dell’imperversare del conflitto fra l’esercito del presidente de facto Abdelfattah al-Burhan e le Rapid Support Forces (RSF) agli ordini di Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemeti. Le ostilità sono cominciate nell’aprile 2023 e hanno già causato la fuga di oltre 10 milioni di persone fra rifugiati e sfollati interni.
Tornando alla situazione in Etiopia, nelle ultime settimane, secondo quanto denunciato alla BBC da molti eritrei che vivono in Etiopia, il governo di Addis Abeba ha ripreso la repressione nei loro confronti con centinaia di persone arrestate nella capitale. Gli eritrei temono il ripetersi di una loro deportazione di massa come al tempo della guerra del 1998-2000 tra i due paesi, quando in migliaiaia furono forzatamente espulsi dall’Etiopia.
Tra l’altro, denunce di vessazioni sono giunte anche da profughi eritrei residenti nel campo di Alemwach, nella regione Amhara, dove si verificano – secondo molte testimonianze rilanciate di recente anche da The New Humanitarian – frequenti rapine, rapimenti e aggressioni fisiche da parte di gruppi armati. L’Organizzazione etiopica per i diritti umani avvierà un’indagine su quanto si sta verificando nel paese.