Eswatini: carcere per i deputati protagonisti delle proteste del 2021
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Mduduzi Bacede Mabuza e Mthandeni Dube sono stati condannati rispettivamente a 25 e 18 anni di detenzione
Eswatini: decenni di carcere per i due deputati protagonisti delle proteste del 2021
La richiesta di cambiamento avanzata dai due parlamentari aveva ispirato un movimento
19 Luglio 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 5 minuti
La diaspora di Eswatini protesta contro il re. Foto dal profilo Flickr di Garry Knight

Le condanne a oltre 40 anni di carcere complessivi per due noti ex parlamentari tornano ad accendere i riflettori su Eswatini, unica monarchia assoluta dell’Africa e paese generalmente trascurato dai media internazionali nonostante il preoccupante livello di repressione raggiunto negli ultimi anni a detta di società civile locale e numerose organizzazioni internazionali.

La situazione è peggiorata in modo particolare dal 2021, quando decine di persone sono state uccise mentre manifestavano per una maggiore democratizzazione del paese. Eswatini, un tempo noto come Swaziland, “la terra del popolo swazi”, è governato dal 1986 da re Mswati III.

La giustizia del regno – appena 17mila chilometri quadrati incastonati fra il Sudafrica nord-orientale e il Mozambico – ha condannato gli ex parlamentari Mduduzi Bacede Mabuza e Mthandeni Dube rispettivametne a 25 e 18 anni di detenzione per i reati di terrorismo, sedizione e omicidio, fra gli altri.

I due uomini, deputati in carica all’epoca dei fatti, erano stati arrestati il 25 luglio 2021, nel pieno della già citata mobilitazione per riforme democratiche. Nel 2023 i due parlamentari sono stati ritenuti colpevoli di aver istigato la rivolta e nei giorni scorsi sono state spiccate le condanne, contro cui i due politici faranno ricorso.

Le misure prese contro i due ex deputati sono state rese possibili da due leggi sul terrorismo e la sovversione, di cui una risalente al 1938, che sono ritenute molto controverse da società civile e comunità internazionale. Queste due norme inoltre, violerebbero gli stessi principi della Costituzione del paese, che pure è considerata in larga parte uno strumento di controllo a disposizione di Mswati III.

Il ruolo nella mobilitazione del 2021 

Le proteste del 2021, le più significative dall’indipendenza, raggiunta dalla Gran Bretagna nel 1968, sono cominciate a maggio, dopo la morte di uno studente di legge che secondo i manifestanti sarebbe stato torturato e ucciso mentre era in custodia della polizia. Mabuza e Dube hanno giocato un ruolo fondamentale nell’alimentare la richiesta di cambiamento che ha poi pervaso tutto il movimento sceso in piazza.

Insieme a un loro collega che a oggi vive nel Regno Unito come rifugiato politico, Mduduzi Simelane, i deputati, facendo qualcosa di inedito per il panorama politico di Eswatini, avevano lanciato un appello in parlamento chiedendo il passaggio del paese a un regime di democrazia costituzionale e l’introduzione dell’elezione del primo ministro attraverso il voto popolare. A oggi il premier è infatti nominato dal re.

Il monarca seleziona inoltre tutti i funzionari locali e buona parte degli esponenti del parlamento. A Eswatini si tengono comunque delle elezioni, le ultime si sono svolte a ottobre scorso. I cittadini sono chiamati alle urne per scegliere solo alcuni deputati e senatori. Questi ultimi inoltre, non possono essere rappresentati da partiti politici, che nel paese sono bandati.

Riformare tutto questo sistema di gestione del potere era quindi la prospettiva che teneva insieme il movimento che si è espresso nel 2021 e che ha continuato a farlo, con una cadenza e un’intensità sempre minore, anche nel 2022 e poi l’anno scorso. Il vigore delle proteste, che tre anni fa sono arrivate a essere anche molto violente, è scemato soprattutto a causa della pesante repressione messa in campo dal governo. Stando a quanto affermato dalla Commission on Human Rights and Public Administration/Integrity (CHRPA), che è un ente statale, durante le proteste sono state uccise 46 persone mentre almeno 245 hanno riportato ferite da arma da fuoco.

La chiamata alla protesta 

Le condanne ai danni di Mabuza e Dube sembrano aver riportato il paese ai traumi di quei giorni. Thantaza Silolo, portavoce dello Swaziland Liberation Movement (SWALIMO), un’organizzazione della società civile, ha dichiarato all’emittente VOA: «Questi parlamentari hanno avuto la forza di affermare dentro e fuori le camere che il paese ha bisogno di un primo ministro eletto dal popolo e non di uno nominato dal re e per questo motivo sono stati condannati, arrestati e accusati di reati efferati come se fossero criminali, assassini e terroristi».

Lo SWALIMO ha lanciato una campagna per chiedere la liberazione dei due politici, invocando fra le altre cose, il ritorno alla lotta, anche tramite pressioni  concrete verso coloro che sostengono la casa reale. Il movimento, che è un partito politico non riconosciuto, ha anche invocato tre giorni di chiusura totale del paese durante la settimana dell’ Umhlanga, una celebrazione tradizionale, da alcuni ritenuta controversa per il suo carattere fortemente patriarcale e di sottomissione al re, che si tiene ogni anno a cavallo fra agosto e settembre.

Sdegno internazionale 

Anche ong internazionali sono intervenute sulle misure imposte ai due ex deputati. Il direttore regionale per l’Africa orientale e meridionale di Amnesty International, Vongai Chikwanda, ha chiesto al governo di Mbabane di rilasciare immediatamente e incondizionatamente Mabuza e Dube e porre fine a questa parodia della giustizia e al palese tentativo di reprimere il dissenso pacifico».

Gli ha fatto eco Human Rights Watch 8HRW), secondo cui «la condanna di Mabuza e Dube costituisce un duro promemoria di come non sia mai stata fatta giustizia e non siamo mai state accertate le responsabilità delle gravi violazioni commesse dalle forze dell’ordine durante le proteste del 2021». Alle autorità del regno è stato chiesto di «smettere di usare il sistema giudiziario penale come arma e annullare le condanne e le sentenze di Mabuza e Dube e di tutti coloro che sono stati incarcerati semplicemente per aver esercitato il loro diritto di espressione politica o di riunione pacifica».

Eswatini, un paese dove re Mswati III può beneficiare di uno “stipendio annuale” stimato sui 50 milioni di dollari ma dove più di un cittadino su due vive al di sotto della soglia di povertà di 2,15 dollari al giorno, finisce raramente nelle cronache dei media occidentali. Quando succede, è spesso a causa degli abusi commessi dal governo. È il caso dell’omicidio del noto avvocato per la difesa dei diritti umani e dei lavoratori Thulani Maseko, ucciso nella sua abitazione nel gennaio 2023 in circostanze mai chiarite dal governo.

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