Il re Mswati III ha finalmente accettato di incontrarsi con la Troika, l’organo della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) incaricato della promozione della pace e della sicurezza nei sedici stati membri.
Il vertice straordinario – fissato per i 21 luglio a Pretoria con il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, presidente di turno della Troika, e i suoi due vice, il presidente del Botswana Mokgweetsi Masisi e quello della Namibia Hage Geingob – sarà incentrato sull’inasprimento della crisi in eSwatini, ultima monarchia assoluta in Africa.
Secondo fonti attendibili, la Troika presenterà al re la proposta del dialogo politico nazionale per uscire dalla crisi. Non c’è però intesa tra governo e opposizione su come debba svolgersi il dialogo.
Per re Mswati e il suo governo dovrebbe attuarsi nella forma del sibaya, ossia nel tipico stile del raduno tradizionale dove è il monarca soltanto a parlare nel discorso che rivolge al suo popolo. Ma le forze dell’opposizione democratica non ci stanno. Rifiutano categoricamente il sibaya, perché è un monologo e non un dialogo.
Thulani Maseko, avvocato per i diritti umani e copresidente del Forum multi-stakeholders che ha coordinato le richieste della società civile per un dialogo politico nazionale pienamente inclusivo, ha accolto con favore l’annuncio della partecipazione al vertice della Sadc da parte del governo di eSwatini che nell’aprile scorso si era rifiutato di prendere parte a un incontro a livello ministeriale convocato dalla Troika.
Tuttavia, Maseko si rivolge alla Sadc perché trattando la situazione di eSwatini non venga meno ai propri valori e principi a riguardo della democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Ed eserciti la debita pressione per convincere il re a concordare un processo di dialogo con scadenze fisse condivise con i leader del movimento per la democrazia, incoraggiando un clima politico favorevole all’inizio dei colloqui.
Non è garantito, però, che la Sadc sia capace di persuadere Mswati a condurre un dialogo politico nazionale in un formato accettabile all’opposizione democratica.
La Sadc è intervenuta per la prima volta nella crisi scoppiata in eSwatini nel giugno dello scorso anno, dopo la repressione violenta di una rivolta popolare senza precedenti in cui hanno perso la vita decine di manifestanti.
In seguito a una successiva riacutizzazione della crisi nell’ottobre scorso, il presidente sudafricano Ramaphosa a novembre aveva incontrato in eSwatini re Mswati che aveva alla fine accettato la proposta di avviare un dialogo nazionale.
Poi il clima politico e di sicurezza è andato deteriorandosi, con continue repressioni brutali da parte delle forze di sicurezza sui manifestanti e, più recentemente, anche con violente ritorsioni contro gli agenti di polizia, apparentemente per mano di esponenti di associazioni democratiche che hanno dato fuoco a case di proprietà di della polizia.
Non si vede al momento una via di uscita allo stallo che vede contrapposti il governo di Mbabane e l’opposizione e la società civile. L’unica via praticabile è il dialogo tra le parti e i negoziati attraverso la mediazione esterna, come propone l’opposizione.
La Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe è una Comunità economica regionale che comprende 16 Stati membri: Angola, Botswana, Comore, Repubblica democratica del Congo, eSwatini, Lesotho, Madagascar, Malawi, Maurizio, Mozambico, Namibia, Seichelles, Sudafrica, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.
Istituita nel 1992, la Sadc è impegnata nell’integrazione regionale e nell’eradicazione della povertà nell’Africa meridionale attraverso lo sviluppo economico, la pace e la sicurezza.