Nell’Etiopia orientale, nell’area dei due stati regionali somalo e afar, sui confini con Gibuti, si protrae da lungo una situazione di conflitto territoriale tra le popolazioni che la abitano.
Il più recente scontro, che ha provocato tre morti, è avvenuto durante una manifestazione a fine marzo nel distretto di Aysha, nella zona amministrativa di Sitti, nello stato regionale somalo.
La protesta era scoppiata in seguito alla risposta violenta dell’esercito nazionale ai manifestanti del clan Issa che aveva bloccato l’autostrada tra Etiopia e Gibuti. Secondo un rapporto del 30 marzo, militanti afar e somali si erano confrontati in prossimità della strada.
I somali contestano da sempre il sostegno dato dall’esercito federale alle forze di sicurezza afar nella controversia per i confini.
Il Congresso per la causa somala (Csc), movimento politico basato a Jigjiga che promuove gli interessi della gente di etnia somala, ha accusato il governo federale di fornire da sempre un “tacito appoggio alla milizia afar”, e ha espresso il timore che si ripetano massacri già verificatisi in passato.
Ha invitato quindi il governo federale a prendere le misure necessarie a garantire l’incolumità della popolazione somala.
Acqua e commerci
Le risorse principali dell’area sono il fiume Awash, importante per l’irrigazione e la pesca, e l’autostrada e la ferrovia che legano Addis Abeba e Gibuti, di cui si servono sia gli afar che i somali per commerciare e trasportare bestiame.
Il conflitto per appropriarsi di queste risorse è andato aggravandosi dal 2018, con ripetuti scontri avvenuti nel periodo che aveva preceduto le elezioni nazionali, posticipate dal 2020 al giugno 2021. Tra il 2 e il 6 aprile 2021 gli scontri nell’area contesa avevano provocato oltre 100 vittime.
La competizione riguardo al fiume Awash, d’altro canto, ha radici storiche, da quando gli afar furono sospinti verso nord dai vicini somali Issa, nel periodo coloniale.
L’allocazione della terra e del potere politico basati sull’etno-federalismo, introdotto dal defunto primo ministro tigrino Meles Zenawi nel 1991, aveva ulteriormente diviso le comunità.
Da allora la violenza si è andata aggravando ed è combattuta da milizie formali e informali.
Nel 2014 era stato firmato un accordo tra le due regioni che includeva la restituzione agli afar di un territorio contestato e veniva in contraccambio concessa l’autonomia politica dei residenti somali con la creazione di unità amministrative “speciali”.
Tuttavia tale accordo venne ricusato dai somali nel maggio 2019, a dimostrazione che era stato frutto di trattative affrettate ed ambigue che non avrebbero portato a una soluzione duratura.
Alleanze interne e sostegni esterni
Il conflitto si riaccese dunque nel marzo-aprile 2021, dopo che la Commissione elettorale nazionale (National Electoral Board) dell’Etiopia aveva assegnato alla regione somala 30 seggi nelle aree controverse.
Il governo locale afar aveva contestato tale decisione, provocando la rimozione dei seggi. Dal canto suo, il governo locale somalo aveva reagito minacciando di boicottare le elezioni se i seggi fossero rimasti chiusi.
I residenti di etnia somala, dopo gli ultimi atti di violenza, hanno espresso la propria preoccupazione per il sostegno dato da Addis Abeba agli afar, che si erano alleati all’esercito federale nella recente guerra conclusasi nella regione del Tigray contro i locali ribelli del Tplf.
Va sottolineato anche che sono molti gli attori in competizione nell’area di crisi: oltre al governo federale, infatti, cercano di sfruttare il conflitto della zona amministrativa di Sitti per promuovere i propri interessi: le regioni Tigray, Amhara e i nazionalisti oromo, oltre ad attori esterni come Gibuti ed Eritrea.
Il governo federale, d’altro canto, necessita dell’appoggio degli afar per favorire il flusso del traffico commerciale con Gibuti e non accetta pertanto interferenze esterne.
Durante il conflitto tra il Tplf e l’esercito federale di Addis Abeba, i tigrini, che storicamente avevano forti legami politici e di sicurezza nelle regioni afar e somali, aveva tentato di interrompere il flusso commerciale bloccando l’autostrada Gibuti-Addis.
In termini di disputa sul terreno, gli issa affermano che il loro clan costituisce la maggioranza degli abitanti dell’area, il che renderebbe incostituzionale il trasferimento alla regione afar.
Il governo federale dovrebbe quindi escogitare un approccio migliore e fondato seriamente sulla Costituzione nel ricercare una soluzione viabile che porti a superare in modo definitivo la controversia.