Circa 210 civili sono stati uccisi il 18 agosto scorso nel distretto di Gida Kiremu, nella zona di Eastern Wallaga, nella regione Oromo, nell’Etiopia occidentale. Nel darne notizia, in un comunicato in lingua amarica, la Commissione etiopica per i diritti umani (Ehrc, organizzazione legata al governo centrale) attribuisce il massacro di 150 persone all’Esercito di liberazione oromo (Ola), dal 20 agosto alleato delle Forze di difesa del Tigray (Tdf). Altri 60 civili sarebbero stati uccisi come ritorsione dalle milizie amhara, alleate di Addis Abeba nella guerra in corso da quasi dieci mesi nella vicina regione del Tigray.
L’Ola ha negato di aver ucciso civili, affermando che si sia trattato di scontri tra loro combattenti e milizie amhara.
Nella zona di Eastern Wallaga, amhara e oromo convivono pacificamente da tempo ma negli ultimi mesi il conflitto tra i due gruppi etnici maggioritari in Etiopia si è intensificato. La Commissione etiopica per i diritti umani parla chiaramente di attacchi “in base all’identità etnica”.
«C’è un conflitto tra amhara e oromo in quella zona. Ci sono molte persone della regione Amhara che sono nate e cresciute lì e che ora si sono trasferite con la famiglia nell’Amhara e sono poi tornate per lanciare un attacco contro i residenti oromo», ha raccontato un testimone alla BBC Afaan Oromo, spiegando che anche lui e la sua famiglia sono fuggiti. L’uomo ha poi aggiunto che «Nelle aree in cui gli amhara sono armati, le persone sono state in grado di salvarsi».
Oggi il conflitto, che dal Tigray si sta estendendo alle regioni Amhara, Oromo e Afar con un rinnovato coinvolgimento sul terreno di militari eritrei, è ancora al centro di un vertice al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Ieri gli Stati Uniti – che stanno esercitando forti pressioni sul governo del primo ministro Abiy Ahmed per una risoluzione del conflitto – hanno minacciato Addis Abeba di sospendere l’accordo commerciale Agoa (U.S. African Growth and Opportunity Act) che offre alle nazioni dell’Africa subsahariana l’accesso esente da dazi di merci negli Usa, a condizione che soddisfino condizioni come l’eliminazione delle barriere al commercio e agli investimenti statunitensi, e il pluralismo politico. Un accordo che nel 2019 ha permesso all’Etiopia, che sta subendo gli effetti negativi del conflitto interno sull’economia, di esportare merci negli Stati Uniti per un valore di quasi 250 milioni di dollari. (M.T.)