Il caffè, tra le maggiori coltivazioni dell’Etiopia, copre un terzo dei proventi delle sue esportazioni e rappresenta la principale fonte di valuta estera. L’Unione Europea, che assorbe oltre il 30% del caffè prodotto, è il mercato più grande al quale viene destinato. Nella regione del Kafa, nel sud-ovest dell’Etiopia, da dove molti affermano che il prodotto abbia preso nome, l’80% dei chicchi prodotti viene esportato in Germania.
Si contano in Etiopia oltre 5 milioni di piccoli proprietari e famiglie che possiedono al più un ettaro di piantagione, e che dipendono dalla coltivazione del caffè. Altri 10 milioni di lavoratori, poi, vengono ingaggiati per la raccolta, il lavaggio e il trasporto delle bacche.
Insieme al khat (noto anche come chat o qat), le cui foglie masticate producono uno stato di alterazione simile a quello dell’anfetamina e conducono all’assuefazione, anche il caffè è stato per decenni basilare per la crescita economica del paese.
Allarmi per il nuovo regolamento UE
Oggi, tuttavia, i produttori non nascondono la propria preoccupazione, temendo che la nuova legislazione europea relativa al Regolamento UE sui prodotti legati alla deforestazione (EUDR), che dovrebbe entrare in vigore nel 2025, rappresenterebbe un rischio fatale per le loro coltivazioni. L’EUDR, infatti, vieta la vendita di caffè, gomma, cacao e altri prodotti se le aziende non riescono a dimostrare con documentazione scritta che non provengono da terreni deforestati.
Se da un lato gli ambientalisti ritengono un risultato storico la nuova legge europea, l’industria del caffè in Etiopia sostiene che le nuove regole ignorano che quasi tutto il caffè etiopico viene coltivato da piccoli agricoltori molto poveri. Costoro possiedono piccoli appezzamenti di terreno e non hanno le competenze per raccogliere i complessi dati necessari per dimostrare la conformità delle loro piccole piantagioni rispetto alla nuova legge.
A milioni di loro, infatti, viene chiesto di fornire documenti per dimostrare che la loro terra non è stata deforestata, anche se sono del tutto ignoranti riguardo a ciò, dato che il caffè viene coltivato dalle loro famiglie da diverse generazioni.
«La legge dell’EUDR cambierà tutto, poiché soddisfare i criteri dell’UE richiede strumenti tecnologici e manodopera che semplicemente non abbiamo», sostiene Abebe Megnetto, manager del sindacato del caffè nel Kafa, e rappresentante di 13.676 coltivatori.
Molti funzionari che lavorano nel settore del caffè, peraltro, sostengono che i chicchi del sud Etiopia sono più sostenibili di quelli di altri grandi produttori, come l’industria brasiliana, dove la maggior parte delle piantagioni di caffè sono vaste monocolture ritagliate dalla giungla, sostenute da fertilizzanti e prive di alberi. La coltivazione del caffè in Etiopia, al contrario, si basa sul mantenimento dei boschi, data l’ombra che forniscono, che serve a proteggere le piante di caffè dal caldo.
Commesse in calo
Tuttavia è già stato notato un rallentamento delle ordinazioni da parte degli acquirenti europei, che rischiano multe fino al 4% del loro fatturato se scoperti a introdurre prodotti non conformi alla legislazione dell’UE.
«Gli acquirenti esitano ad acquistare il nostro caffè perché non sono sicuri che possiamo dimostrare la conformità con il regolamento, stiamo perciò pensando di indirizzarci verso altri mercati, ma questo richiederà molto tempo», spiega Tsegaye Anebo, manager del sindacato dei coltivatori di caffè nello stato-regione del Sidama, 200 km a est di Kafa.
Altra preoccupazione consiste negli eventuali costi di adeguamento alle regole che potrebbero rendere il caffè etiopico non competitivo a causa della sua forte dipendenza dai piccoli proprietari terrieri. Le catene di approvvigionamento del paese, infatti, sono frammentate e coinvolgono diversi intermediari, e una singola spedizione di caffè verso l’Europa include chicchi di migliaia di piccoli coltivatori.
Un dirigente di una grande società commerciale che importa caffè etiopico in Europa ha spiegato: «In paesi come il Brasile è facile visitare piantagioni anche molto vaste e raccogliere i dati necessari richiesti dall’EUDR. In Etiopia invece si dovrebbero mappare uno per uno tutti i piccoli possedimenti. Un esercizio certamente molto costoso».
Va tra l’altro segnalato che anche i produttori di cacao in Ghana e in Costa d’Avorio, oltre che in Indonesia dove si produce olio di palma, hanno chiesto – così come l’Etiopia – che venga posticipata l’introduzione della nuova politica legata all’EUDR.
«Il caffè che produciamo – afferma con orgoglio Abebe del sindacato del caffè di Kafa – dà anche un contributo inestimabile per la costruzione di scuole, centri sanitari, strade e altre infrastrutture. Senza poter esportare verso il mercato europeo, perderemmo anche tutto questo».
Antica cultura
I germogli del caffè, pianta che appartiene alla famiglia delle rubiacee, fioriscono più volte prima di trasformarsi in bacche rosse e rotonde, pronte per la raccolta verso ottobre. Vengono poi lavorati per l’esportazione e spediti inizialmente ad Addis Abeba e smistati all’estero.
Il caffè nel Kafa, ma anche in tutta l’Etiopia, non rappresenta semplicemente una bevanda ma ha un grande valore simbolico, ancor più nel Kafa, ritenuto il luogo di nascita del caffè di qualità Arabica, che cresce in modo spontaneo nelle foreste pluviali temperate.
Nelle regioni in cui viene prodotto, il caffè è parte integrante dell’identità e della cultura della popolazione, al punto che non solo viene consumato in abbondanza ma costituisce un fattore basilare di aggregazione famigliare e sociale, basti pensare alle elaborate cerimonie di preparazione della bevanda.