La piega che stanno prendendo i combattimenti in Etiopia preoccupa anche l’Unesco, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. La settimana scorsa, le forze del Fronte di liberazione del popolo del Tigray, in conflitto dal novembre 2020 con il governo federale di Abiy Ahmed, hanno infatti preso la città di Lalibela, nella regione Amhara, nota per le sue chiese cristiane ortodosse copte scavate nella roccia oltre sette secoli fa e dichiarata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità nel 1978.
L’Unesco teme che le azioni di guerra e il tentativo di riconquista da parte dell’esercito federale possano danneggiare le 11 chiese rupestri medievali che fanno parte del sito. Per questo ha lanciato un appello, invitando i contendenti «ad astenersi da ogni atto che possa esporre a dei danni questo luogo di pellegrinaggio, di devozione e di pace». E ha sottolineato che «siano prese tutte le precauzioni necessarie per impedire ogni tentativo di saccheggio dei beni culturali di Lalibela», detta anche la “Gerusalemme d’Etiopia”.
Lalibela, che si trova 680 km a nord di Addis Abeba, è meta di pellegrinaggi da parte degli ortodossi etiopici, oltre che essere inserita nei tragitti del turismo internazionale. Nel marzo 2007 Nigrizia gli aveva dedicato un approfondimento nell’ambito del suo dossier Chiese copte d’Etiopia.