Etiopia: sul Tigray accordi di pace ricchi di ostacoli - Nigrizia
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Precondizione per il disarmo il ritiro delle truppe eritree e delle milizie regionali
Etiopia: sul Tigray accordi di pace ricchi di ostacoli
Il recente accordo di cessazione delle ostilità prevede il disarmo dei combattenti tigrini entro il 15 dicembre. Ma non ci sono segnali del ritiro dell’esercito di Asmara dalla regione, condizione posta per la consegna delle armi. Restano inoltre aperti altri fronti regionali di conflitto
16 Novembre 2022
Articolo di Giuseppe Cavallini
Tempo di lettura 5 minuti
Soldati etiopici

Il 12 novembre il capo dell’esercito federale etiopico (National defense forces)  Berhane Jula e il comandante dei combattenti armati del Tigray (Tplf/Tigray defence forces) generale Tadese Woreda, hanno firmato a Nairobi, sotto l’egida dell’Unione Africana guidata dall’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo e dall’ex presidente kenyano Uhuru Kenyatta, un accordo per il cessate il fuoco e il disarmo nella regione tigrina, teatro di un sanguinoso conflitto durato due anni, con forti ripercussioni regionali.

L’accordo sancisce tra l’altro il riconoscimento da ambedue le parti di un’unica forza di difesa nazionale. Il lungo titolo dato ai negoziati: Dichiarazione dei comandanti maggiori sulle modalità per l’implementazione dell’accordo per una pace duratura per mezzo della cessazione permanente delle ostilità, spiega il senso delle discussioni.

In base ad esso l’esercito del Tplf si impegna a cedere gli armamenti leggeri e pesanti entro 30 giorni a partire dal 15 novembre. Una decisione fondata tuttavia sulla precondizione che tutte le forze estranee si ritirino dalla regione. L’esercito eritreo non è nominato ma è chiaro il riferimento in particolare alle truppe di Asmara, schierate a sostegno dell’esercito eritreo.

Nell’articolo 2.1 del protocollo d’intesa riguardante il disarmo si legge “Il disarmo degli armamenti pesanti avrà inizio in coincidenza con il ritiro dalla regione (Tigray) delle forze straniere e di quelle non appartenenti alle Forze di difesa nazionale”. I contendenti sono inoltre accordati di “fermare e disimpegnarsi da qualsiasi forma di azione militare” con effetto immediato.

Accordo non specifica inoltre quale sarà il destino dei combattenti tigrini una volta completato il disarmo. Si presume tuttavia che saranno integrati nell’esercito federale. Cosa che non appare affatto scontata dopo 24 mesi di un conflitto feroce, combattuto senza esclusione di colpi, e data la storica inimicizia tra le due parti.

L’intesa prevede anche l’impegno di Addis Abeba a riprendere senza ritardo il libero accesso agli aiuti umanitari e il ripristino di comunicazioni e servizi sociali di base. E infatti, dopo un blocco totale in corso da agosto, il 15 novembre la prima consegna di aiuti internazionali ha raggiunto la capitale Macallè con due camion medici del Comitato internazionale della Croce Rossa, seguita, il giorno dopo da un convoglio di 15 camion del Programma alimentare mondiale.

La firma del cessate il fuoco a Nairobi era stata preceduta dall’“accordo per il cessate il fuoco e la cessazione delle ostilità” siglato in Sudafrica il 2 novembre. Un accordo che non ha finora impedito che in molte aree del Tigray siano proseguiti gli scontri e che permangano sul terreno militari estranei all’esercito federale di Addis Abeba.

Come noto, dopo lo scoppio del conflitto interetnico altre formazioni militari, cioè milizie dei governi regionali di Afar e Amhara, i cui territori furono invasi dall’esercito tigrino, si unirono all’esercito federale.

Ancor più rilevante l’alleanza con Addis Abeba delle forze militari dell’Eritrea, che per lunghi anni avevano coltivato un forte risentimento contro il Tplf, da quando la coalizione di governo etiopica da esso dominata, prese il potere ad Addis Abeba e combatté la guerra di confine che, tra il 1998 e il 2000, provocò oltre 100mila vittime.

Sia le milizie Afar e Amhara che i rappresentanti eritrei non hanno tuttavia preso parte ai negoziati di pace di Nairobi, e il Tplf ha nel frattempo accusato i militari eritrei di aver continuato a commettere crimini contro i tigrini anche dopo la firma dei trattati di pace in Sudafrica.

Da Asmara, peraltro, finora non è stato pubblicato alcun pronunciamento in merito all’accordo firmato a Nairobi. E, d’altro lato, il responsabile dell’Ufficio degli affari esteri del Tigray, Kindeya Gebrehiwot, aveva denunciato solo l’11 novembre scorso che «le truppe eritree stanno tuttora uccidendo, sequestrando persone e bombardando» nel territorio di Shire e di AdiDaero.

Nel processo di attuazione dell’accordo, si è anche decisa la formazione, entro il 22 novembre, di una squadra speciale con il compito di monitorare possibili violazioni. Il gruppo includerà rappresentanti del governo di Addis Abeba, del Tplf, dell’Unione Africana e del blocco regionale dell’Igad (Autorità intergovernativa di sviluppo).

Sul rispetto del cessate il fuoco si sono espressi anche gli Stati Uniti, minacciando sanzioni in caso di violazioni.

In base all’intesa le due parti si impegnano inoltre a spingere i media a un ruolo ‘costruttivo’ al fine di evitare la cattiva propaganda e l’incitamento all’odio e alla rivalsa. Addis Abeba si è già mossa in questo senso, annunciando l’emanazione di linee guida che indicano come i giornalisti – peraltro sempre più minacciati dopo lo scoppio del conflitto – devono comportarsi nel riferirsi all’accordo di pace.

L’accordo sul disarmo prevede dunque: la protezione dei civili da parte dell’esercito etiopico; il libero accesso degli aiuti umanitari; la cessazione di ogni mobilitazione militare da entrambe le parti; la dipartita di tutte le truppe straniere in corrispondenza col disarmo degli armamenti pesanti in mano al Tplf; la pubblicazione, entro due settimane, del programma di disarmo; la spiegazione da ambedue le parti del senso e dell’implementazione degli accordi di pace e l’impegno del governo centrale a ripristinare e garantire i servizi sociali basilari in tutto il Tigray: in particolare scuole, ospedali, elettricità, internet e reti bancarie.

Solo il tempo ci dirà se l’intesa funzionerà. Intanto però nel paese resta aperto un altro fronte di conflitto, quello nella regione Oromo nella zona di West Wollega, dove l’esercito federale combatte contro le milizie dell’Esercito di liberazione Oromo (Ola/Shene), alleate dei tigrini.

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