L’Unione Europea si tira ufficialmente fuori dal Mali. L’8 maggio i 27 paesi membri hanno deciso di non estendere il mandato di EUTM Mali (European Union Training Mission), la missione attraverso cui per undici anni l’UE ha addestrato le forze armate maliane e sostenuto la forza militare congiunta del G5 Sahel, arrivando nel suo picco a inviare nel paese fino a 700 soldati provenienti da 20 stati dell’Unione.
EUTM terminerà il 18 maggio. La decisione è maturata dopo che, nel febbraio scorso, la giunta militare guidata dal presidente ad interim Assimi Goïta ha rinviato le elezioni che aveva promesso di indire per garantire una transizione democratica del potere, in mano ai militari dal primo dei due golpe che ci sono stati nel paese tra il 2020 e il 2021.
“I canali per il dialogo politico e la cooperazione tecnica e di sicurezza rimangono aperti”, ha precisato in una nota Bruxelles. Ma la dismissione di EUTM certifica, di fatto, l’abbandono del paese da parte dell’Europa, con il Mali ormai sempre più risucchiato nelle sfere di influenza di Russia, Cina e Turchia.
Il nuovo cartello dei separatisti
Intanto nella regione dell’Azawad tiene banco il “rimpasto” nel fronte dei movimenti separatisti. Cadre stratégique permanent pour la défense du peuple de l’Azawad (CSP-DPA) è il primo risultato dell’operazione di rebranding attraverso cui i gruppi ribelli della regione provano a reagire alle pesanti sconfitte subite negli ultimi mesi nel nord del paese.
Nel novembre 2023 un’offensiva dell’esercito maliano ha estromesso i ribelli da diverse località di cui detenevano il controllo, compresa la roccaforte di Kidal. In risposta a questa debacle arriva adesso la decisione di rimescolare le carte all’interno della variegata piattaforma dei gruppi tuareg, dal 2012 in lotta con il governo centrale di Bamako per l’indipendenza dell’Azawad.
A fine aprile, al termine di una riunione tra i leader separatisti, è stato deciso di affidare il timone della nuova coalizione a Bilal Ag Acherif, figura storica della causa indipendentista dell’Azawad, capo del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (MNLA) e nel marzo scorso finito nel mirino del governo di Bamako che ha emesso nei suoi confronti una serie di sanzioni economiche.
Acherif prende il posto di Alghabass Ag Intalla, che presiedeva il soggetto ora sostituto dal CSP-DPA, ovvero il CSP-PSD (Cadre stratégique permanant pour la paix, la sécurité et le développement). La coalizione era stata creata nel 2021. Riuniva i firmatari dell’Accordo di Algeri per la pace e la riconciliazione del 2015, dunque il Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (CMA), la Piattaforma dei movimenti del 14 giugno 2014 di Algeri (staccatasi nel 2023) e altri movimenti minori.
Il fallimento dei negoziati con il governo di transizione, certificato dalle offensive dell’esercito di fine 2023, ha di fatto decretato la fine dell’esperienza del CSP-PSD e, di conseguenza, lo scioglimento sia del CMA che di una corrente della Piattaforma di Algeri, il GATIA (Groupe autodéfense touareg Imghad et alliés) capeggiato da Fahad Ag Almahmoud.
La nuova coalizione CSP-DPA si pone ora l’obiettivo di voltare pagina rispetto agli ultimi deludenti tentativi di negoziazione con la giunta militare. E per farlo, spiega in una nota, punta alla “creazione di un un’unica entità politica che porti avanti le rivendicazioni del popolo dell’Azawad”, vale a dire il riconoscimento di “uno status politico e giuridico” per il suo territorio.
Difficile prevedere quando il CSP-DPA batterà il primo colpo. Ciò che appare evidente, al momento, è il suo cambio di strategia. Dopo anni di trattative infruttuose, condotte sul solco tracciato con l’Accordo di Algeri del 2015, i separatisti proveranno adesso ad alzare la posta in palio non limitandosi più a chiedere maggiori investimenti da parte del governo centrale per le regioni del nord del paese ma il riconoscimento dell’indipendenza dell’Azawad.
«Gli obiettivi cambiano a seconda del contesto del momento», ha spiegato in proposito il portavoce della coalizione Mohamed Elmaouloud Ramadane. «Con il CSP-DPA verranno prese altre decisioni importanti».
Le divisioni tra i ribelli
Non è chiaro se l’annunciato ritorno alla lotta per l’indipendenza si tradurrà da subito in azioni armate. Su questo e su altri aspetti all’interno della coalizione le posizioni sono diverse. Da un lato c’è un’ala più intransigente e ora maggioritaria rappresentata dal capo dell’MNLA Bilal Ag Achérif e dai sostenitori di Fahad Ag Almahmoud, formazioni che godono entrambe di appoggi e contatti in Mauritania.
Dall’altro c’è una frangia più disposta a non interrompere del tutto le trattative con Bamako, composta dall’Alto consiglio per l’unità dell’Azawad (HCUA) e dal Movimento arabo dell’Azawad (MAA), i cui leader sono spalleggiati dal governo algerino.
Qualcosa sul terreno militare si stava già muovendo settimane prima dell’annuncio della nascita della nuova coalizione. All’inizio di marzo Alghabass Ag Intalla, allora ancora a capo del CSP-PSD, ha nominato nuovi comandanti di alcuni dei gruppi armati attivi nelle regioni settentrionali del paese.
Il 6 aprile l’MLNA e gli uomini fedeli a Fahad Ag Almahmoud hanno tentato un’incursione verso Nara, nella regione di Koulikoro, venendo però respinti dai jihadisti del JNIM/GSIM (Jamaat nusrat al islam wa al muslimin/Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani). Negli scontri tra separatisti e jihadisti ci sarebbero stati una decina di morti da entrambe le parti.
La notizia non è stata commentata dalle forze armate maliane, impegnate in questa fase soprattutto a stanare cellule jihadiste attive nella regione di Liptako-Gourma, la “zona dei tre confini” tra Mali, Niger e Burkina Faso. Nel complicato cammino per l’indipendenza dell’Azawad i separatisti dovranno vedersela anche con loro.