Si torna a discutere di pesca illegale in Senegal. Ma questa volta, ad alzare la voce non sono i politici senegalesi, ma l’Unione Europea. La Commissione Europea ha infatti emesso di recente un cartellino giallo contro il paese dell’Africa Occidentale, affinché aumenti gli sforzi contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Inn). L’accusa è che il Senegal abbia una persistente carenza sia nella prevenzione sia nella trasparenza.
Il cartellino giallo non comporta nessuna sanzione economica, ma è una sorta di ‘ultimo avvertimento’ prima del cartellino rosso, oltre il quale il paese che lo riceve non può più esportare i propri prodotti nell’Unione Europea, né è concesso alle navi europee pescare nelle sue acque.
La situazione è più articolata – e amaramente ironica – di quanto possa sembrare, se si considera che dei 102 pescherecci a strascico registrati nel paese, il 29% è controllato da armatori europei e il 20% da armatori cinesi. Battere una bandiera diversa, esibendone una africana anziché europea, è d’altra parte un sotterfugio a cui si ricorre spesso per evitare limitazioni e sanzioni. E tra i problemi di trasparenza segnalati, alcuni di questi riguardano la scoperta proprio di esportazioni illegali verso paesi membri.
Tant’è che vero che la pesca illegale è stata al centro della recente campagna elettorale senegalese, conclusasi lo scorso marzo con l’elezione di Bassirou Diomaye Faye.
Durante la campagna, svariati candidati avevo promesso di intervenire in questo settore, un nodo centrale dell’economia senegalese, la cui crisi crescente negli ultimi anni è costata il lavoro a milioni di pesatori artigianali, ridotti alla fame. Crisi determinante soprattutto – anche se non solo – dal proliferare dei grandi pescherecci.
Tra le prime mosse di Faye infatti, c’è stata la pubblicazione della lista di barche autorizzate alla pesca, la cui licenza sarà valida fino al 31 dicembre. Lo scopo è di limitare il fenomeno delle aziende ‘prestanome’, che oltre a battere bandiere senegalesi anche in caso di armatori differenti, ricorrono ad operatori fittizzi per dissimulare la presenza straniera.
Serve ora un passo verso una maggiore tracciabilità, che rimane ad ora un tasto dolente. Quello che si sa è che il Senegal rischia di trovarsi completamente bloccato a causa di un possibile cartellino rosso qualora non intervenga in tempi rapidi. E questo nonostante il tracollo vissuto da questo settore dell’economia, i cui danni sono stati pagati in primis proprio dai pescatori senegalesi, il cui pescato è diminuito del 60% tra il 2012 e il 2019.