Ex-uomini forti sotto processo in Guinea e Centrafrica - Nigrizia
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Resa dei conti da Conakry all’Aia
Ex-uomini forti sotto processo in Guinea e Centrafrica
Prima udienza per due processi attesi da tempo: i fatti del 28 settembre in Guinea e i crimini di guerra di Seleka nella Repubblica centraficana. Il tribunale nazionale a lavoro nel primo caso; la Corte Penale Internazionale nel secondo
28 Settembre 2022
Articolo di Roberto Valussi
Tempo di lettura: 4 minuti

Guinea

Il processo inizia oggi e i due imputati principali sono già alla sbarra. Ma di certo non si può parlare di giustizia lampo. I fatti che saranno esaminati dal tribunale di Conakry, la capitale guineana, risalgono esattamente a tredici anni fa, al 28 settembre 2009

In quel giorno, l’opposizione e la società civile avevano indetto una manifestazione allo stadio principale del paese. Decine di migliaia di persone avevano risposto all’appello. Motivo: protestare contro la decisione di presentarsi alle elezioni presidenziali del capitano Moussa Dadis Camara, che si era autoproclamato presidente della transizione dopo la morte del presidente/dittatore (e golpista) Lansana Conté, nel dicembre 2008. 

La giunta di Camara decidette di intervenire allo stadio nel modo più diretto possibile, affidando l’intervento al suo corpo di punta: la Guardia presidenziale incaricata della protezione del Capo della Cndd (il Consiglio nazionale per la democrazia e lo sviluppo). 

Il commando di uomini sparò direttamente sulla folla. 

Un rapporto dell’Onu contò almeno 107 morti e 1500 feriti. Con il corollario macabro di 109 donne stuprate dai membri dell’esercito.

L’azione militare e gli stupri furono premeditati e voluti, conclusero varie organizzazioni internazionali. 

L’ondata di proteste nazionali e internazionali accelerarono la caduta del Cndd, in cui iniziò una ricerca interna del capro espiatorio. 

Nel dicembre 2019, Camara accusò il suo assistente di campo Toumba Diakité di essere il responsabile della carneficina. 

L’accusato respinse le accuse al mittente. E non solo. Espresse il suo dissenso provando a piazzare personalmente una pallottola in testa a Camara. Quest’ultimo fu trasportato d’urgenza in Marocco e riuscì a cavarsela, per poi installarsi a Ouagadougou, in Burkina Faso. 

Il lento corso della giustizia

Le indagini preliminari per il processo iniziarono già nel 2010, ma sono andate sempre a rilento. Troppi i mezzi richiesti alla giustizia guineana per gestire una pratica così complessa. E poca l’intenzione di farci i conti da parte dell’amministrazione di Alpha Condé, che prese il potere nello stesso anno via elezioni per poi conservarlo fino al colpo di stato del settembre 2021, guidato da Mamadi Doumbouya. 

Da allora, il nuovo uomo forte della Guinea ha accelerato l’iter amministrativo e fatto finalmente partire il processo, con il chiaro intento di distinguersi dal suo predecessore Alpha Condé. 

In tutti questi anni, Camara si è sempre dichiarato estraneo ad ogni accusa. È rientrato in Guinea il 25 settembre per prendere parte al processo. Due giorni dopo è stato messo sotto custodia cautelare, mossa che ha sorpreso i più. Secondo vari osservatori, la scelta è stata motivata dalla volontà di metterlo sullo stesso piano degli altri accusati, tra cui Diakité, il suo ex-assistente ed ex-aspirante omicida. Anche quest’ultimo si è finora dichiarato innocente, ma è in carcere dal 2017 in attesa di processo. 

In totale, ci sono 11 imputati, tra cui ex ministri e altri uomini forti della giunta di allora. 

Centrafrica 

Altro paese, altro processo, altra corte. 

La Repubblica Centraficana ha l’occasione di fare i conti con Mahamat Said Abdel Kani, ex leader di Seleka, le truppe ribelli a maggioranza musulmana che destituirono l’allora presidente François Bozize nel dicembre 2013. 

A giudicarlo non è un tribunale nazionale, bensì la Corte penale internazionale dell’Aia, in Olanda (Cpi). 

I prosecutori lo ritengono responsabile per la tortura di sostenitori di Bozize e gli hanno imputato sette capi d’accusa. All’udienza d’apertura del processo, Said, 52 anni, si è dichiarato non colpevole. 

In seguito all’intervento di Seleka del 2013, la Repubblica Centrafricana precipitò in una spirale di violenze che la videro contrapposta alle milizie anti-Balaka, prevalentemente cristiane e animiste. 

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