La Famiglia Comboniana piange padre Giuseppe Messetti - Nigrizia
Chiesa e Missione
Il missionario ha dedicato 40 anni di servizio in difesa delle popolazioni native del Perù
La Famiglia Comboniana piange padre Giuseppe Messetti
02 Settembre 2024
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti

La notizia della morte di padre Giuseppe Messetti, missionario comboniano di 72 anni originario di Caprino Veronese (Verona) per 40 anni in servizio in Perù, ha sorpreso molti confratelli e tantissimi suoi amici.

Il suo corpo è stato rinvenuto il 31 agosto dalla polizia in un dirupo non lontano dal piccolo lago di Carbuncusana. Padre Giuseppe doveva essere caduto in seguito ad un malore o a una scivolata lungo l’impervio sentiero che stava percorrendo.

Il fuoristrada di padre Giuseppe era stato trovato sul bordo della strada, parcheggiato in modo normale e non lontano dalla sua parrocchia di Palca, sulla strada tra Ricran e Tambillo.

Era noto che il padre aveva passione per le passeggiate e amava scattare foto dei monti circostanti. Il sospetto che fosse successo qualcosa i confratelli della sua comunità lo ebbero allorché il 29 agosto non rientrò per celebrare verso sera l’Eucaristia all’orario fissato.

Prima di entrare tra i comboniani, padre Messetti aveva studiato nel seminario diocesano di Verona diventando prete e offrendo il suo servizio pastorale nelle parrocchie di Sant’Ambrogio di Valpolicella e Golosine.

«Solo due settimane prima del tragico incidente – racconta don Andrea Mascalzoni, parroco di Dossobuono, già suo compagno di seminario – padre Giuseppe, con la giovialità e il senso dello humor che lo caratterizzava aveva detto: “Meglio soli che male accompagnati”, replicando a un amico veronese che lo consigliava, al telefono, di stare attento e di non avventurarsi da solo sulle alte montagne delle Ande». 

Come menzionato, padre Giuseppe era un missionario entusiasta della propria vocazione, come aveva manifestato a tutti prima della sua ripartenza per il Perù dopo aver subìto un intervento cardiaco dal quale si era ripreso in modo soddisfacente.

«La sfida che abbiamo è di costruire una Chiesa più aperta, anche grazie al nuovo orientamento offerto da papa Francesco», aveva più volte dichiarato.

«Quando arrivai negli anni Ottanta i cattolici erano l’85-90%, oggi sono scesi a meno del 70%, perché dobbiamo fare i conti con le sette che arrivano dal Nordamerica. Noi, tuttavia, siamo impegnati non solo ad essere Chiesa, ma anche a difendere il territorio, la popolazione indigena, a impedire la deforestazione e a promuove valori morali ed evangelici», amava dire.

Quando necessario denunciando quello che per lui era il problema più grave del Perù, oltre al narcotraffico, la corruzione a vari livelli: politici, militari, e il depauperamento della popolazione e dell’economia da parte delle grandi multinazionali straniere.

I tantissimi fedeli peruviani che lo hanno apprezzato, conserveranno cara la sua memoria, e la sua vita, spesa per il popolo che amava, rimarrà la testimonianza più efficace del suo servizio, fino alla completa donazione di se stesso.

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