«Un mancato rinnovo dell’accordo sul grano colpirebbe assolutamente l’Africa orientale in modo molto, molto duro». Ѐ il monito lanciato ieri a Ginevra da Dominique Ferretti, alta responsabile per le emergenze del Programma alimentare mondiale (PAM), secondo la quale i paesi che dipendono dal grano Ucraìno non possono permettersi un ulteriore, significativo aumento dei prezzi dei generi alimentari.
L’accordo, mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia un anno fa, noto come Black Sea Grain Initiative, scadrà il 17 luglio, ma Mosca minaccia di non rinnovarlo se non saranno rimossi gli ostacoli alle proprie spedizioni di grano e fertilizzanti.
Un’eventualità che colpirebbe duramente sette paesi dell’Africa orientale – Gibuti, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Uganda -, dove circa 60 milioni di persone già oggi soffrono di livelli senza precedenti di insicurezza alimentare.
Con circa 10,4 milioni di bambini sotto i cinque anni che dal 2020 hanno affrontato una condizione di malnutrizione acuta in Somalia, Sud Sudan e parti del Kenya, fa sapere l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms).
Secondo i dati diffusi dall’ONU, circa 700mila tonnellate di grano sono state spedite in Kenya ed Etiopia dall’inizio dell’accordo, un volume pari a solo il 2% circa del totale. Dall’invasione dell’Ucraìna nel febbraio 2022, i prezzi sono inoltre lievitati, a causa di una concomitanza di fattori, tra cui la speculazione e l’aumento dell’inflazione.
Questo, insieme agli effetti del cambiamento climatico e dei conflitti, ha aumentato il numero di persone piombate in povertà.
«Negli ultimi tre anni, l’Africa orientale ha sperimentato il Covid-19, un’epidemia di Ebola e altre epidemie che vanno dal colera al morbillo alla dengue; una devastante piaga di locuste del deserto che ha colpito la regione, distruggendo raccolti e reddito; e forse ancora più importante, il vasto conflitto e l’insicurezza che costringono milioni di persone a lasciare le loro case, nuovi sfollati di rifugiati da paesi tra cui l’Etiopia, la Somalia e ora, purtroppo, il Sudan», ha spiegato Ferretti.
Sul fronte russo, intanto, dopo la marcia delle milizie del gruppo Wagner su Mosca, il 23 e 24 giugno, è intervenuto ieri il ministro degli esteri Sergei Lavrov, assicurando che le operazioni dei paramilitari finora guidati da Yevgeny Prigozhin in Africa (ufficialmente Repubblica Centrafricana e Mali) continueranno.
I membri di Wagner «lavorano lì come istruttori. Questo lavoro, ovviamente, continuerà», ha detto il ministro al canale statale RT, sostenendo che la fallita ribellione non cambierà il rapporto della Russia con «partner e amici».
Dichiarazioni rassicuranti che non spiegano però come si modificheranno le dinamiche interne alla milizia ribelle, fino ad oggi sponsorizzata dal Cremlino.