Sira lungometraggio della regista burkinabé Apolline Traoré è la storia avvincente di Sira una giovane nomade fulani che lotta per sopravvivere alla violenza del terrorismo usando il velo come strumento di resistenza femminista.
Il regista guineiano Thierno Souleymane Diallo con il documentario Au cimetière de la pellicule, sulle orme di Mouramani di Mamadou Touré del 1953 primo film della Guinea, traccia un ritratto di un paese che sembra aver dimenticato l’importanza della sua memoria cinematografica.
Dal Burkina Faso Or de vie, documentario di Boubacar Sangare si immerge in una miniera di oro dove Rasmané, un ragazzino, e gli altri minatori lavorano a ritmi estenuanti e senza nessuna sicurezza.
A.I.
Due sono i film che si interrogano sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale in Africa. A.I. African Intelligence l’ultimo film-saggio del senegalese Manthia Diawara, esplora le zone di contatto tra i rituali africani di possessione dei villaggi di pescatori del Senegal e l’emergere di nuove frontiere tecnologiche.
Mentre Simia: Stratagem for Undestining dell’egiziano Assem Hendawi, mette in scena una conversazione con il fittizio programma di intelligenza artificiale Project Simiyaa, che mira a creare un’economia pianificata e gestire le infrastrutture comuni tra Africa e Medio Oriente.
Una voce di denuncia sulle conseguenze del capitalismo, del colonialismo e della distruzione ambientale arriva dal Rwanda con il visionario cortometraggio Terra mater-Mother land di Kantarama Gahigiri, ambientato in una discarica dove regna una futuristica divinità di rifiuti.
Omaggi al passato
Infine due cortometraggi femministi. Timis della senegalese Awa Moctar Gueye, favola notturna su Binta che sfida la paura del buio e del misterioso Pa kong-kong per dimostrare che anche una ragazza può diventare capobanda.
Dal Sudafrica Mirror Mirror di Sandulela Asanda affronta con humor e leggerezza il desiderio di un’adolescente di esplorare il proprio corpo.
Non mancano omaggi al passato che ripropongono film arrabbiati. A lover and killer of color (1988) della regista kenyana Wanjiru Kinyanjui è un manifesto su come la rabbia contro la violenza razzista e sessista può essere elaborata attraverso l’arte senza perdere la forza della denuncia.
La regista senegalese Safi Faye in Man sa yay con il suo tipico stile che mescola fiction, non fiction, stile epistolare e saggio, segue Moussa, arrivato a Berlino per studiare all’Università ma che non riesce a scindere il legame con il suo paese d’origine.
Mapantsula (1988) di Oliver Schmitz, considerato il primo film sudafricano, è una crime story che denuncia la violenza dell’apartheid e la resistenza contro il regime.
Infine nella Sezione Retrospettiva segnaliamo Touki Bouki di Djibril Diop Mambety selezionato da Abderrahmane Sissako.