Alla vigilia del G7 a presidenza italiana, il Governo italiano e il neoeletto Parlamento europeo non possono ignorare il ruolo cruciale che hanno nella lotta alla crisi climatica. Gli investimenti nel settore energetico, responsabile di circa il 75% delle emissioni di gas serra, continuano a favorire le fonti fossili rispetto alle energie pulite, destinando più risorse alle cause della crisi climatica che alle soluzioni. Con pesanti ricadute soprattutto sui Paesi del Sud globale.
L’Italia è il 6° tra i paesi del G20 per sovvenzioni pubbliche ai combustibili fossili, dietro Canada, Corea del Sud, Giappone, Cina e India, ma davanti a Stati Uniti e Germania. Durante il G7 Ambiente di Venaria, lo scorso aprile, è stata ribadita l’importanza di allineare i flussi finanziari agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, impegnandosi a porre fine ai nuovi sostegni pubblici diretti al settore dei combustibili fossili.
Durante la COP26 di Glasgow, l’Italia, ha lanciato il Fondo Italiano per il Clima e firmato la Dichiarazione sul sostegno pubblico internazionale alla transizione energetica pulita, impegnandosi ad abbandonare i combustibili fossili entro un anno: un impegno che continua a essere disatteso.
Non solo, il Governo avanza nell’ambizione di trasformare l’Italia in un hub energetico basato sul gas, ricorrendo anche al Fondo Italiano per il Clima (4,4 miliardi di euro). Il Fondo, pensato per contribuire alla lotta al cambiamento climatico, rischia di venire utilizzato per finalità opposte. Il primo contributo stanziato ufficialmente del Fondo, difatti, sarà destinato a finanziare la filiera dei biocarburanti di ENI in Kenya.
“Tutta la comunità internazionale guarda con attenzione alle decisioni che verranno prese nel corso del G7, auspicando un reale cambiamento verso un futuro più sostenibile. Tuttavia, la concentrazione di sovvenzioni pubbliche ai combustibili fossili resta preoccupante. L’Italia, come molti altri Paesi in Europa e nel mondo, sembra adottare un atteggiamento “resistente”, dove gli accordi vengono annacquati e le politiche pubbliche già impostate, come il Green Deal europeo, vengono ridimensionate. È dunque cruciale che si mantenga fede agli impegni già presi e che l’Italia si doti di strumenti e risorse finanziarie adeguate per affrontare efficacemente la crisi climatica” dichiara Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia.
Il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti e il caso Mozambico
Controllata per oltre l’80% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Cassa Depositi e Prestiti è una banca di promozione nazionale e un’istituzione finanziaria per lo sviluppo che dovrebbe adottare strumenti avanzati per rilevare e prevenire i rischi. Tuttavia, l’analisi commissionata da ActionAid Italia con l’ausilio di ECCO Think Tank, a Perspective Climate Research evidenzia come il portafoglio energetico internazionale di CDP non sia affatto allineato agli Accordi di Parigi – con una valutazione di soli 0,22 punti su 3, inferiore persino a quella di SACE.
Il divario tra le ambizioni nazionali di sostenibilità e gli investimenti internazionali nel settore fossile è determinante nella valutazione; oltre a detenere una quota significativa in ENI (27,7%), Cassa Depositi e Prestiti non aderisce a partnership per la rendicontazione delle emissioni di gas serra delle proprie attività operative e non impone divieti espliciti su investimenti nel carbone, petrolio e gas fossile. Dal 2016 al 2022 solo un terzo dei 3 miliardi di euro del suo portafoglio energetico è stato destinato a progetti di energia pulita, principalmente (70%) in Italia, mentre quasi l’80% degli investimenti fossili si concentra all’estero, con progetti controversi come quello in Mozambico (569 milioni di euro) del 2020.
Infatti, sebbene il Mozambico sia tra i primi dieci paesi al mondo per riserve di gas – e rappresenta insieme all’Egitto oltre il 60% del portafoglio energetico internazionale di CDP in combustibili fossili – rimane uno dei Paesi con il più basso livello di sviluppo umano secondo le Nazioni Unite. Di fatto, le esplorazioni di nuove fonti di gas hanno contribuito a destabilizzare un contesto politico già fragile: dal 2017 il Paese è alle prese con un’insurrezione armata alimentata dagli interessi sulle risorse naturali nella provincia di Capo Delgado, che ha costretto oltre 700.000 persone a sfollare, privandole dei mezzi di sussistenza. Il Governo locale ha dichiarato di non avere fondi per affrontare la crisi, mentre le Nazioni Unite necessitano di 400 milioni di dollari per assistere la popolazione, ma finora hanno ricevuto impegni per solo il 5% di tale importo.
Le raccomandazioni al Governo italiano
Attraverso la campagna internazionale #FundOurFuture, ActionAid chiede di porre fine agli investimenti nei combustibili fossili e nell’agricoltura industriale. In Italia, l’attenzione è sul contributo che il Governo, tramite Cassa Depositi e Prestiti, può fornire alla transizione energetica globale. Con l’Italia alla presidenza del G7, è imperativo adottare misure rapide per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e mantenere gli impegni internazionali già assunti oltre che eliminare i finanziamenti pubblici ai combustibili fossili, in linea con la tabella di marcia Net Zero 2050 dell’Agenzia internazionale dell’energia, ed evitare che il Fondo Italiano per il Clima sia utilizzato per finanziare l’estrazione di gas in Africa, poiché tali attività non favoriscono né la cooperazione energetica né la sicurezza energetica italiana.