Quando, a luglio del 2020, il diplomatico angolano Gilberto Veríssimo fu designato presidente dell’ECCAS (Comunità economica degli stati dell’Africa centrale, fondata nel 1981 e con sede e Libreville, Gabon), le basi per un rilancio dell’organizzazione sembravano consistenti.
Il programma era ambizioso, sia dal punto di vista economico, col raggiungimento di un’area di libero scambio, che da quello politico-militare. Le preoccupazioni che Veríssimo espresse nella riunione che lo confermò alla guida dell’ECCAS riguardavano la necessità di riportare pace e sicurezza nella Repubblica democratica del Congo e nella Repubblica Centrafricana, nonché la necessità di includere i rappresentanti di tutti i paesi nel governo dell’organizzazione, oltre all’istituzione di un tribunale e di un parlamento propri.
Il dopo Bongo
All’interno dell’ECCAS il Gabon ha sempre avuto un ruolo rilevante, non fosse per il fatto che ne ospita la sede ufficiale. Tuttavia, ad agosto del 2023, il paese ha vissuto un colpo di stato, non dissimile da quelli che vi sono stati in Mali, Burkina Faso e Niger.
La trama di fondo è sempre la stessa: una famiglia (i Bongo, Omar prima, Ali poi) che domina per decenni la scena politica del paese, in linea con gli interessi francesi; un processo di democratizzazione farlocco, e che termina, di fatto, intorno al 2000, col ritorno al monopartitismo; una popolazione poverissima a fronte di una élite politica che conduce una vita da nababbi.
Come immancabile corollario, elezioni costantemente truccate, ridotte a una mera farsa per soddisfare i partners occidentali (Francia in primo luogo), interessati assai più al petrolio di questo piccolo paese che alla sua democrazia. Risultato: dopo le elezioni di agosto 2023 un gruppo di militari manda a casa Ali Bongo, scioglie il parlamento, annulla le elezioni e forma un governo transitorio, con a capo il generale Brice Nguema. Una popolazione festante celebrò per le strade della capitale Libreville l’agognato evento.
Reazioni
Le reazioni della comunità internazionale non si fecero attendere: il ministro degli esteri dell’UE Josep Borrell, per esempio, sottolineò immediatamente che l’ennesimo golpe avrebbe causato ulteriore instabilità nella regione, sostenendo quindi il regime uscente ed elezioni fraudolente e irregolari.
La stessa posizione fu assunta dall’Angola e da João Lourenço, anch’egli protagonista, appena l’anno prima, di contestatissime elezioni che lo avevano riportato alla presidenza, non senza enormi polemiche e contestazioni. Lourenço non ha mai riconosciuto il governo transitorio del generale Nguema in Gabon. In un incontro avuto col presidente della Repubblica del Congo, Denis Sessou-Nguesso (al potere quasi ininterrottamente dal 1979), Lourenço espresse le stesse preoccupazioni di Borrell per la possibile espansione di colpi di stato ritenuti illegittimi.
L’ultimo incidente diplomatico
In questo contesto, con un Gabon sede dell’ECCAS e un governo non riconosciuto da Luanda, lo scorso 17 gennaio l’abitazione di Gilberto Veríssimo a Libreville è stata violata da sconosciuti. Non si hanno informazioni precise su questo fatto, ma è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso delle tensioni tra i due paesi.
Già il 15 dicembre 2023 João Lourenço e i suoi ministri avevano abbandonato un incontro dell’ECCAS quando fece la sua comparsa il presidente ad interim del Gabon, generale Nguema.
Sempre in dicembre il Gabon ha richiamato il suo ambasciatore a Luanda «per consultazioni», dopo che il governo angolano aveva espresso il proprio disappunto per l’assenza dei diplomatici gabonesi in occasione della festa dell’11 novembre, giorno dell’indipendenza angolana.
Dove questa crisi potrà portare è difficile da prevedere. Si può ipotizzare che, se i rapporti continueranno a essere avvelenati, l’Angola potrebbe chiedere che la sede dell’ECCAS sia spostata in un altro paese ella Comunità. Oppure arrivare a chiedere la sospensione del Gabon, soprattutto se Libreville non darà spiegazioni esaurienti su quanto accaduto nell’abitazione di Gilberto Veríssimo, in violazione della Convenzione di Vienna sulla protezione del personale diplomatico.