Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di luglio-agosto 2023.
Caro Alex,
la mia lettera nasce dal bisogno di capire meglio le ragioni di un fenomeno che pare diffondersi sempre di più in molti paesi dell’Africa subsahariana. Leggevo sul sito di Nigrizia qualche settimana fa che a Shakaola, vicino a Malindi in Kenya, sono stati riesumati i corpi di centinaia di persone fatte morire per fame dal “pastore” Paul Mackenzie Nthenge della setta Good News International Church.
Sono stati costretti non solo a digiunare ma a subire violenze d’ogni sorta con la promessa che avrebbero così incontrato Gesù nell’aldilà. Leggendo spesso di manipolazioni d’ogni sorta da parte di questi sedicenti pastori mi chiedo come i governi possano permettere la diffusione di chiese, culti e sette che si mostrano sempre più fanatiche. Quali sono i motivi della crescita di tale fenomeno e che giudizio ne hai tu? Grazie. (Giovanni Fioravanti)
Il capo della setta religiosa, che lei cita, è stato arrestato il 14 aprile in Kenya perché predicava il digiuno come strumento di salvezza per incontrare Gesù.
Alcuni seguaci di questo imbonitore hanno preso seriamente le sue parole e hanno digiunato fino alla morte. Naturalmente il fondatore della setta non si è unito ai digiunatori, lui è ben vivo e vegeto. Il governo del Kenya ha reagito e ha equiparato quel digiuno a un atto terroristico.
Quello che è accaduto non è di per sé un fatto nuovo.
Mi limito a ricordare altri due episodi emblematici che si collocano in questa modalità di intendere la religione, che definirei semplicistica, astrusa e miracolistica, e che generalmente è legata alla presa che questo o quel personaggio riesce ad avere sulle persone.
Il 23 marzo 1997, in California, ci fu un suicidio di massa attuato da una quarantina di aderenti al gruppo religioso Heaven’s Gate (cancelli del cielo).
Il loro obiettivo, così almeno hanno scritto i cronisti che hanno seguito la vicenda, non era quello di approdare a una dimensione spirituale ma di passare a un livello altro: un luogo in un punto imprecisato dell’universo dove poter vivere in eterno una perfetta esistenza.
Il 18 novembre 1978, in Guyana, il predicatore statunitense James Warren Jones indusse 909 seguaci del culto del Tempio del Popolo a suicidarsi (e lui stesso si suicidò) per «difendersi dall’invasione del male».
Anche in questo caso l’idea era di creare nel paese sudamericano una sorta di paradiso in terra e gli adepti alla comunità erano indottrinati con sermoni che preannunciavano l’arrivo di un mondo nuovo.
Mi si chiedono le ragioni che portano alla nascita di tali movimenti o sette che sorgono ormai in ogni angolo del mondo. È chiaro che alla base c’è una richiesta di senso del nostro vivere su questa terra.
Poi per capire le dinamiche attraverso le quali si costituisce ogni gruppo bisognerebbe indagare a fondo, appunto per evitare semplificazioni.
Quello che posso dire è che in Africa non aderiscono alle sette solo degli sprovveduti delle classi meno scolarizzate: vediamo che anche le classi medie subiscono l’attrazione dei vari predicatori.
Vorrei invece soffermarmi su un aspetto che ritengo rilevante. Cosa accade se sette, movimenti pentecostali e chiese evangeliche prendono il controllo dei governi?
Un esempio ce lo ha fornito il Brasile in occasione della tornata elettorale del 2019.
Jair Bolsonaro è stato eletto presidente anche grazie all’appoggio delle chiese pentecostali-carismatiche.
Che illudono la gente con argomenti come questo: “Se tu segui Gesù, avrai tutto quello che vuoi e farai una vita bella”. E che predicano un visione delle cose omofoba, sessista, razzista, fondamentalista e ultraliberista.
Quando questi movimenti portano al potere determinati personaggi si creano situazioni drammatiche: basti pensare al Covid, ignorato dal governo Bolsonaro, che ha fatto 800mila morti in Brasile.
Sulle sette è necessaria una seria riflessione teologica, ma anche socio-politica.