Il clientelismo ha sempre giocato un forte ruolo nei risultati delle elezioni in Ghana. Un ruolo che da un lato ha contribuito a rafforzare i due partiti di maggioranza che negli anni si sono alternati al governo del paese, dall’altro ha stabilito un meccanismo di consensi più legato al gruppo di appartenenza che non alle performance politiche dei partiti al potere. Le cose stanno leggermente e lentamente cambiando.
Lo affermano studi condotti da esperti di scienze politiche e politica internazionale che negli anni hanno analizzato il fenomeno. Se la base etnica continua ad esercitare la spinta maggiore a votare per un certo candidato o per l’altro, sempre più cittadini decidono sulla base degli effettivi risultati raggiunti e delle promesse mantenute (in caso di candidato che si ripresenta per un ulteriore mandato).
L’avvento della Quarta Repubblica, cominciata nel 1992 con l’introduzione della nuova Costituzione, aveva avuto come obiettivo quello di dire addio alla stagione dei colpi di stato, al partito unico e a gestioni dittatoriali del potere, consegnando di fatto ai cittadini il diritto e dovere di scegliere governi democratici e designati a far crescere la nazione secondo sistemi di uguaglianza.
Il sistema politico democratico del Ghana è forte proprio perché ha creato organismi solidi: una Commissione elettorale indipendente e processi elettorali trasparenti innanzitutto.
Clientelismo etnico in declino?
Dall’altra parte però si è sviluppato un forte sistema clientelare basato su etnie, familismo, rapporti di favori consolidati nel tempo. Un sistema elaborato dai due principali partiti che si alternano al potere, il National Democratic Congress (NDC) e il New Patriotic Party (NPP).
In estrema sintesi, il primo è un partito di sinistra e rappresenta i lavoratori, il secondo è un partito conservatore e rappresentante delle élite. Gli ewe sono la base elettorale più forte per il primo mentre gli ashanti votano per il secondo.
Tuttavia, negli anni, soprattutto a partire dal 2008, è cresciuto il numero degli elettori indecisi, il cui voto quindi è difficile determinare in anticipo perché non più legato ai fattori “tradizionali” che si diceva prima ma ad una valutazione più attenta ai programmi e ai risultati raggiunti.
Il peso degli indecisi
Gli studi citati, elaborati sulla base di interviste a migliaia di elettori, mettono in evidenza che se nel 2000 solo il 13% di questi risultava indeciso, già nel 2008 il 29,69% degli intervistati riferiva di aver votato per un altro partito rispetto a quello solito.
Cioè, quasi tre ghanesi su dieci avevano già espresso un voto fuori dal confine dell’appartenenza etnica. Risulta poi che sono gli uomini, gli elettori più anziani e le persone con un livello di istruzione più elevato ad essere maggiormente disposti a dare un voto “fuori dagli schemi”.
Gli elettori meno probabili a cambiare la preferenza di partito in base al gruppo etnico sono gli ashanti e gli ewe. Tuttavia, questi ultimi si sono detti in passato più propensi rispetto ad altri gruppi a esprimere un voto diviso, uno per il proprio partito, l’altro per il candidato del partito avversario.
La quota crescente di elettori indecisi potrebbe essere positiva per il paese, dicono gli esperti. L’incertezza nei risultati elettorali dovrebbe incoraggiare una maggiore responsabilità politica e una maggiore reattività alle esigenze degli elettori.
Voto di scambio, pratica consolidata
Fatto sta che, come dicevamo, il clientelismo rimane uno dei determinanti dei risultati elettorali. E spesso i governi al potere sono stati accusati di utilizzare fondi pubblici durante la campagna elettorale per assicurarsi i consensi.
Una pratica che ha contribuito alle disuguaglianze socioeconomiche e consentito all’élite politica di rafforzare le strutture di potere concentrando risorse limitate sugli elettori la cui lealtà è più facilmente influenzabile da modesti incentivi materiali.
Il Ghana, comunque, è sempre stato diverso rispetto ad altri paesi africani: le elezioni non sono tanto concentrate intorno alla figura del leader; i due principali partiti – che comunque hanno le loro roccaforti – hanno una base di sostegno politico nella maggior parte delle regioni e l’identificazione partitica si basa su divisioni sociali trasversali di cui l’etnia costituisce solo una parte.
Se promettere benefici materiali, distribuire cibo e fare party continua ad essere una pratica molto diffusa in campagna elettorale, i cittadini cominciano a considerare i programmi e le performance del partito elementi molto più rilevanti di valutazione e di scelta. È questo che spiegherebbe l’oscillazione del voto e, alla fin fine, la difficoltà di fare previsioni.
Il voto del 7 dicembre prossimo sarà particolarmente rilevante per il futuro di questo paese alle prese con una forte inflazione, un notevole incremento delle differenze di classe e il rischio legato al jihadismo proveniente dal nord.
Impossibile valutare a priori il peso che sul voto avranno regali, offerte, promesse e la lealtà al partito. Sicuramente le proteste delle ultime settimane e l’emergere di una più ampia coscienza civile – vedi le battaglie contro le galamsey, le miniere d’oro illegali – potrebbero determinare spostamenti di voti di quello che è oggi il partito di maggioranza.
I candidati alla presidenza sono 12, ma la sfida è tra l’oppositore dell’NDC, John Mahama – già presidente dal 2012 al 2017 – e l’attuale vicepresidente Mahamudu Bawumia (NPP). Il capo di stato uscente, Nana Akufo-Addo, non può più ripresentarsi avendo già servito due mandati.
Alle elezioni in Ghana e alla situazione del paese Nigrizia ha dedicato il dossier di novembre.