Sono anni che il Ghana fa i conti con una crisi economica e sociale che sempre di più incide sulla vita quotidiana dei cittadini. Sebbene si tratti di un paese dove democrazia, stato di diritto, generale accesso ai servizi siano garantiti e dove il Pil sia più alto e solido di quello della maggior parte dei paesi subsahariani, oggi bisogna fare i conti con un malessere assai diffuso.
Malessere derivato dallo stato precario dell’economia, dal declino delle infrastrutture, dalle frequenti interruzioni di corrente, dall’aumento dei prezzi del carburante e dall’elevata inflazione (ormai annualmente al 50%) dei prezzi dei prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità. Tanto è vero che il presidente Nana Akufo-Addo ha dovuto chiedere – e ottenuto quest’anno e per la diciassettesima volta, l’ultima fu nel 2015 – l’intervento del Fondo monetario internazionale. Mentre la moneta locale continua la sua corsa sulla discesa della svalutazione.
L’emersione di nuovi movimenti
In questo contesto non è affatto un caso l’emersione di numerosi movimenti strutturati di protesta. A partire da Occupy Ghana, nata per controllare che le azioni del governo siano responsabilmente rivolte all’interesse dei cittadini. Anche Arise Ghana sta facendo la storia dei movimenti di attivismo civico nel paese. Lo scorso anno ha organizzato una serie di proteste a cui le forze dell’ordine hanno risposto con azioni di forza e arresti.
I motivi delle manifestazioni sono i consueti: alto costo della vita, inflazione, corruzione. Il problema è che nel paese sta crescendo la forbice tra una classe medio alta – spesso legata agli apparati governativi e di potere – e quella che comprende la classe lavoratrice. Prima della pandemia dati ufficiali affermavano che il 25% dei cittadini ghaneani (7 milioni su 30) vivevano con meno di 1 dollaro al giorno. Oggi quasi 3 milioni di individui vivono in stato di estrema povertà e la maggior parte di loro sono uomini e in età da lavoro.
Conflitto da social
Altro movimento, soprattutto costituito da giovani che utilizzano moltissimo i social per commentare, organizzare, implementare le azioni di protesta – e da qui l’hashtag – è #FixtheCountry. La domanda al governo è una: sistemate il paese, risolvete quelle questioni che stanno rendendo difficile la nostra vita tra mancanza di lavoro, servizi scarsi, disattenzione nei confronti delle giovani generazioni.
E poi c’è l’ultima in ordine di tempo, #OccupyBoG un acronimo dove BoG è la Bank of Ghana. Perché focalizzare l’attenzione su di essa? Cominciamo col dire che nell’anno finanziario 2022 l’istituzione finanziaria ha perso una cifra record: 60 miliardi di Ghana Cedi, oltre 5 miliardi di dollari statunitensi.
Nel comunicato ufficiale, rilasciato nell’agosto scorso quando le cifre sono state rese pubbliche, si giustificano le perdite come legate a “politiche sbagliate” non della banca ma del governo. «Bisogna sottolineare – si legge nel comunicato – che 53,1 miliardi di GHS di tali perdite sono stati una conseguenza diretta dell’esercizio di ristrutturazione del debito interno del governo». Modalità che, affermano dall’istituto finanziario, sono alla fine risultate insostenibili. Inoltre la carenza di liquidità, che ha portato alla crisi della bilancia dei pagamenti, ha indotto a stampare troppa moneta negli ultimi tre anni, decisione che ha inciso ancora di più sull’inflazione.
Soldi spariti
Ma qualcuno chiede: dove sono finiti i 77 miliardi di Ghana Cedi stampati di fresco? E il leader della minoranza in parlamento, Cassiel Ato Forson, rincara la dose: «I guai della nostra economia sono iniziati quando la banca centrale ha fatto crollare 426 società di microfinanza, di risparmio e prestito e ha causato la perdita di oltre 50mila posti di lavoro». La banca centrale, invece, non avrebbe fatto altro che intervenire per coprire buchi e criticità «per fornire il sostegno necessario per sostenere l’economia». Eppure c’è chi ricorda anche che la dirigenza della banca avrebbe utilizzato oltre 250 milioni di dollari per la costruzione di una nuova sede dell’istituto.
Dimissioni del governatore della Banca centrale
Ora una fetta della popolazione e di associazioni di lavoratori, guidati dalla minoranza parlamentare, l’Ndc (National Democratic Congress) chiedono le dimissioni del governatore della Bank of Ghana, Ernest Addison e dei suoi due vice. Lo hanno fatto scendendo in piazza ai primi di ottobre e indossando – e questa è una cosa che ha caratterizzato anche le forme di protesta degli altri movimenti – abiti di colore rosso e nero, che in Ghana sono i colori del lutto. Sfilando per le aree del centro sono arrivati alla sede dell’istituto finanziario. In mano una petizione e richiesta di dimissioni che, tuttavia, non sono arrivate sul tavolo del governatore e degli altri dirigenti che si sono chiusi a riccio e hanno fatto sapere di essere in riunione proprio con funzionari del Fondo monetario internazionale. «Torneremo» hanno detto i leader dei manifestanti pronti già ad organizzare altre manifestazioni.
Come ricorda Jeffrey Haynes, professore emerito di politica alla London Metropolitan University, «le proteste politiche ed economiche hanno una lunga storia in Africa, e il Ghana non fa eccezione. Allo stesso tempo prodotti e generatori di cambiamento, hanno la capacità potenziale di trasformare la natura sia della politica che dei risultati economici».
2024, anno di elezioni
Un cambiamento potenziale, però. Il prossimo è anno di elezioni in Ghana e i disordini sociali potrebbero aumentare. A contendersi il potere saranno ancora una volta i due principali partiti: quello dell’attuale presidente, sempre più criticato, il conservatore Npp (New Patriotic Party) e quello più a sinistra, l’Ndc. In ogni caso è difficile che le proteste possano assumere carattere estremo: a partire dai primi anni ‘80 – ricorda ancora l’esperto di storia ghaneano – il radicalismo politico, un tempo concentrato nei ranghi minori delle forze armate, è stato domato e controllato dai governi successivi. Inoltre, sembra altamente improbabile che si verifichi un colpo di stato militare in Ghana; anche perché la maggior parte dei ghaneani apprezza la democrazia e pochi vorrebbero vederla sostituita da un governo militare non eletto.