Ghana, patto di non aggressione con il terrorismo? - Nigrizia
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L'eco del ''lodo Moro'' nella strategia ghanese
Ghana, patto di non aggressione con il terrorismo?
Contro l’espansione jihadista, Accra lascerebbe che i terroristi usino il nord del paese come porto sicuro. In cambio, gli islamisti non compirebbero attacchi sul territorio
25 Ottobre 2024
Articolo di Roberto Valussi
Tempo di lettura 5 minuti

Gruppi terroristici di matrice islamista starebbero utilizzando il nord del Ghana come campo base e rifugio per le loro attività nel Burkina Faso. Le autorità del Ghana non solo sarebbero a conoscenza dei fatti, ma garantirebbero il quieto vivere ai miliziani terroristi in cambio del loro impegno a non condurre attacchi nel territorio ghanese. 

Questo è quanto riportato dal report di Clingendael, un istituto di relazioni internazionali olandese, pubblicato ieri, e citato da Reuters. Il quadro che ne emerge è di una strategia pericolosa e di corto respiro. In cui la calma di oggi permetterebbe ai miliziani di radicarsi sul territorio, creando le basi per una più ampia presenza jihadista nel futuro.

Oltre alle operazioni militari congiunte con i paesi vicini (di dominio pubblico), il report di Clingendael riporta come il Ghana «per evitare un’escalation, sembra anche aver accettato di fatto una non-aggressione con JNIM.

Fonti governative di alto livello riconoscono che il Ghana funge da linea di rifornimento e che interrompere questi network potrebbe provocare violenze. La minaccia di un attacco “è il motivo per cui non li disturbiamo troppo”, ha osservato un alto ufficiale della sicurezza. Questa strategia prudente è riflessa anche nella limitata attività delle forze di sicurezza di frontiera».

Il report aggiunge anche che questo modus operandi verosimilmente continuerà fino ad almeno le elezioni presidenziali del 7 dicembre; in tempo di campagne elettorali, il governo ghanese ha tutto l’interesse a non far emergere ‘’grane’’ su cui potrebbe essere attaccata dall’opposizione. Soprattutto visto il testa a testa serrato previsto dai sondaggi tra i due candidati al ruolo di presidente. 

L’articolo della Reuters riporta anche un commento dell’ambasciatore del Ghana in Burkina Faso, Boniface Gambila Adagbila. Il quale riconosce che i terroristi dello JNIM (il gruppo affiliato ad Al-Qaida), hanno trovato un porto sicuro nel nord del Ghana, ma nega l’esistenza di un qualsiasi patto di non-aggressione. E afferma che le autorità statali puntano a «scacciarli». 

Il ministero dell’Informazione non ha risposto alla richiesta di commenti della Reuters

I numeri della guerra contro il jihadismo in Burkina Faso

600 km di confine, assai poroso, dividono il Ghana dal Burkina Faso. Quest’ultimo paese combatte una guerra contro l’insurgenza jihadista dal 2015, che ha portato a più di 2 milioni di sfollati interni e migliaia di vittime. Le stime risalenti al 2022, parlano di più di 8,500 persone uccise. 

Sono numeri che collocano il Burkina al 2° posto nel mondo (dietro all’Afghanistan), per numero di vittime da attacchi terroristici nel 2022, nell’Indice di terrorismo mondiale pubblicato dall’Istitituto per la Pace e l’Economia, un organizzazione con sede a Sidney. 

La penetrazione jihadista in Togo, Benin e Costa d’Avorio

Anche gli altri paesi confinanti a sud con il Burkina Faso hanno a che fare con la penetrazione jihadista nelle aree di frontiera. Negli ultimi anni, gli attacchi in quelle zone sono diventati sempre più frequenti per Togo e Benin. Nonostante  i due stati vicini abbiano irrobustito l’azione militare in zona, i risultati del loro operato sono poco convincenti. 

La Costa d’Avorio invece sembra avere un maggiore capacità di contenimento della presenza jihadista. Secondo quanto riportato da alcuni media internazionali, come Le Monde Afrique e Jeune Afrique, dopo gli attacchi subiti nel nord del 2020 e 2021, lo stato ivoriano ha rinforzato la sua presenza militare nel nord.

Ma non solo. Ha adottato una politica di investimenti e supporto ad una delle aree tradizionalmente più neglette del paese. Nel giro di un paio di anni, ha mostrato l’impegno dello stato, sotto forma di creazione di posti di lavoro e rafforzamento dei servizi di base. 

Tutte misure prese per disincentivare la gioventù locale dall’intraprendere la strada della lotta armata. Che spesso è vista come una delle poche possibilità per guadagnarsi da vivere. 

L’eco del ‘’lodo Moro’’

La strategia di non aggressione in cambio del porto sicuro non è una peculiarità del Ghana. E richiama alla memoria quanto accaduto negli anni ‘70 con il ‘’lodo Moro’’, dal nome del leader della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, allora ministro degli Esteri italiano.

Il contesto era quello del ‘’Settembre nero’’, avvenuto nel 1970, e del successivo intensificarsi del conflitto tra il movimento palestinese guidato da Yasser Arafat e il governo giordano. Le attività pro-Palestina in Europa aumentavano e con esse cresceva il rischio di attentati in Europa. 

Per evitare il rischio di un’estensione del conflitto all’interno dei suoi confini, l’Italia negoziò una sorta di compromesso. Il ‘’lodo Moro’’ consisteva in un tacito accordo tra servizi segreti italiani e rappresentanti dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).

I termini dell’accordo prevedevano il transito di armi e la presenza di rappresentanti dell’OLP in Italia. In cambio, i gruppi palestinesi si impegnavano a non condurre azioni terroristiche contro obiettivi italiani.

Il governo italiano ha sempre negato l’esistenza dell’accordo in questione. Anche se abbondano i rapporti di intelligence e le dichiarazioni di esponenti politici, in primis le lettere dello stesso Moro, che vanno in senso opposto.

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