La filiale britannica del gigante minerario e commerciale anglo-elvetico Glencore si è dichiarata colpevole di sette casi di corruzione in connessione con operazioni petrolifere in Camerun, Guinea Equatoriale, Costa d’Avorio, Nigeria e Sud Sudan.
Glencore Energy ha ammesso di aver pagato in totale più di 28 milioni di dollari in tangenti nei sei paesi africani per assicurarsi un accesso preferenziale al petrolio e generare profitti illeciti tra luglio 2011 e aprile 2016.
In particolare ha ammesso di aver pagato più di 11 milioni di dollari per indurre alcuni funzionari della Société Nationale des Hydrocarbures del Camerun e della Société Nationale de Raffinage a favorire le sue operazioni nel paese. Allo stesso modo ha ammesso di aver pagato quasi 5 milioni a funzionari della Costa d’Avorio.
A novembre la società sarà condannata dall’ufficio anticorruzione del Regno Unito (Serious Fraud Office) al pagamento di un’ammenda fino a 1 miliardo e mezzo di dollari.
La condanna segue una serie di indagini internazionali sulla società, che ha una consistente presenza in molti altri paesi africani (nella Repubblica democratica del Congo estrae il cobalto). Il mese scorso il colosso si è dichiarato colpevole degli stessi reati in simili inchieste penali negli Stati Uniti, accettando di pagare 1,1 miliardi di dollari, e in Brasile, dove dovrà pagare 40 milioni. Altre indagini sono in corso in Svizzera e Olanda.
L’azienda ha affermato il mese scorso di aver rafforzato le procedure interne di controllo negli ultimi anni e che oggi “non è più l’azienda che era”.
Nel gennaio 2021 tre organizzazioni non governative avevano sporto denuncia a Londra contro la filiale britannica di Glencore per lo sversamento di un liquido tossico nei campi e nei corsi d’acqua nel sud del Ciad, denunciando le pesanti conseguenze sulla salute e l’accesso all’acqua delle popolazioni locali.