Tra gli effetti collaterali del golpe militare che il 5 settembre in Guinea Conakry ha portato alla destituzione del presidente Alpha Condé, presto potrebbero esserci anche dei cambi nella politica estera del paese dell’Africa Occidentale. Tra gli storici alleati di Condé spiazzati dalla sua dipartita c’è certamente il re del Marocco Mohammed VI.
Questi considerava l’ex presidente della Guinea Conakry una sponda solida nella regione su cui sapeva di poter far leva. E adesso teme che il nuovo governo che prenderà forma sotto la regia del tenente colonnello golpista Mamady Doumbouya, possa rimettere in discussione gli importanti investimenti del Marocco nel paese. A cominciare da quelli gestiti da Group Managem, la compagnia di bandiera marocchina nel settore minerario.
Group Managem appartiene alla holding Al Mada, di proprietà della famiglia reale marocchina. Secondo quanto riferisce Africa Intelligence, dopo il colpo di stato Group Managem ha sospeso temporaneamente le spedizioni di carichi di oro dal sito Tri-K, situato nella prefettura di Mandiana, 90 km a nord-est di Kankan, nella parte orientale del paese.
In questa miniera Group Managem ha investito finora 176 milioni di dollari e a giugno ha iniziato a produrre i primi lingotti. La preoccupazione della società marocchina è assistere a un remake di quanto accaduto un anno e mezzo fa in Sudan. Nel maggio 2019, un mese dopo la destituzione del dittatore Omar El-Bashir, un carico di 241 kg di oro che doveva uscire dal paese è stato bloccato dalla nuova giunta militare che ha preso il potere a Khartoum.
Gli affari di Group Managem non sono gli unici che Rabat monitora in Guinea Conakry. Tra gli altri investimenti attenzionati dal governo marocchino ci sono quelli nel mattone di LafargeHolcim Guinée, filiale della multinazionale franco-svizzera LafargeHolcim, anch’essa di proprietà della holding Al Mada.
In ballo ci sono poi gli investimenti di Ciments de l’Afrique, posseduta dal magnate del settore immobiliare Anas Sefrioui che con il suo gruppo Addoha sta costruendo a Conakry la Cité Douane, un complesso di 784 appartamenti situato nel quartiere di Kaloum, a soli tre isolati dall’ambasciata marocchina.
L’elenco non finisce qui. Vi fa parte la società Itqane, attiva in svariati settori che vanno dall’edilizia al design d’interni e che a Conakry ha terminato una serie di importanti progetti, come la ristrutturazione del Palais Mohammed V e la costruzione di un edificio adibito alla formazione professionale a Nongo.
Nel settore finanziario potrebbero esserci ripercussioni per la Banque Populaire Maroco-Guinéenne, filiale della Banque Centrale Populaire sotto il controllo della famiglia reale marocchina. Senza dimenticare che quello della Guinea Conakry è un importante mercato di sbocco continentale in particolare per l’industria alimentare del Marocco.
A tenere in apprensione Rabat non sono solo gli affari ma anche i potenziali risvolti diplomatici di questo golpe. Alpha Condé, al pari dei suoi predecessori dai tempi di Ahmed Sékou Touré (presidente dal 1958 al 1984), è stato un grande sostenitore del Marocco. Si è speso in prima persona per il suo ritorno nell’Unione africana nel 2017. E nel gennaio del 2020 ha fatto aprire un consolato a Dakhla, nel Sahara occidentale, territorio conteso tra Rabat e il Fronte Polisario.
L’entourage di Mohammed VI ritiene adesso che della sua defenestrazione possa approfittare in qualche modo il governo di Algeri per aumentare la propria influenza a Conakry attraverso il suo nuovo ministro degli esteri Ramtane Lamamra che dallo scorso agosto ha rotto le relazioni diplomatiche con il vicino.
Chi rischia di più se la Guinea Conakry sfugge di mano a Rabat sono alcuni strettissimi collaboratori di re Mohammed VI. In primis, il ministro degli esteri Nasser Bourita, il responsabile per la gestione dei rapporti con i paesi africani Mohamed Sbihi, ancora non ricevuto ufficialmente dal re, e Yassine Mansouri, capo della Dged (Direction générale des études et de la documentation), l’agenzia di intelligence esterna del regno.