Un’ultima offerta di trattativa è naufragata ieri. Una delegazione congiunta – Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas), Unione africana e Nazioni Unite – ha chiesto di recarsi a Niamey.
Ma la missione è stata annullata in seguito alla risposta della giunta militare al potere in Niger dal 26 luglio. I militari hanno comunicato che «in questa atmosfera di minaccia d’aggressione al nostro paese non ci sono le condizioni di sicurezza».
E hanno aggiunto: «L’attuale contesto di collera e di rivolta della popolazione in seguito alle sanzioni economiche imposte dalla Cedeao non consente di accogliere la delegazione».
Ora la parola passa alla Cedeao che ha in programma per domani un vertice per valutare il da farsi.
Finora ogni tentativo di stanare la giunta militare, guidata dal generale Abdourahamane Tiani, non ha avuto nessun effetto, nemmeno l’ultimatum di ristabilire l’ordine costituzionale, lanciato il 30 luglio e scaduto il 6 agosto.
Il presidente Mohamed Bazoum è sempre agli arresti con la sua famiglia; governo e parlamento messi fuori gioco; congelati gli accordi di cooperazione militare con la Francia; sviluppate relazioni con Mali e Burkina Faso (paesi guidati da giunte militari) che si sono schierati con i colleghi golpisti e che hanno affermato di considerare un eventuale intervento armato della Cedeao come un atto di guerra nei loro confronti.
Bola Tinubu, presidente della Nigeria e presidente di turno della Cedeao, si è sempre espresso a favore di un approccio diplomatico per venire a capo della vicenda. E del resto un intervento militare della Cedeao in Niger rischierebbe di innescare un conflitto interafricano dai contorni imprevedibili.
La Cedeao si trova con le spalle al muro.