In una delle sue sorprendenti uscite, l’attuale presidente della Guinea-Bissau, Umaro Sissoco Embaló, pochi giorni fa ha annunciato che non si candiderà per un secondo mandato presidenziale, che la legge gli consentirebbe.
In dichiarazioni alla stampa, all’uscita da una riunione del consiglio dei ministri, Embaló ha affermato che la moglie lo avrebbe pregato di non accettare una nuova avventura per confermarsi come presidente del piccolo paese dell’Africa occidentale. Consiglio da lui accettato.
Al di là dell’estemporaneità di una dichiarazione poco credibile, ciò che Emabló ha aggiunto (e fatto) rende il quadro democratico della Guinea-Bissau ogni giorno più preoccupante.
Il “veto” presidenziale
Nella stessa conferenza-stampa, Embaló si è anche permesso di indicare chi non sarà (e non potrà essere) il suo successore, nel caso in cui la sua volontà di non ricandidarsi venga poi confermata.
Braima Camará, Domingos Pereira e Nuno Nabiam non saranno mai, secondo Emabló, presidenti della Guinea-Bissau. Si tratta di tre delle figure più rappresentative dello scacchiere politico nazionale: due ex-grandi alleati del presidente e un nemico storico.
I due ex-alleati sono Braima Camará, imprenditore e politico, membro per molto tempo del partito che intraprese la lotta anti-coloniale contro il Portogallo, il PAIGC, fra i fondatori del MADEM-G15, la formazione politica che sostenne Embaló nella sua ascesa presidenziale nel dicembre 2019, e oggi coordinatore del movimento, in rotta con lo stesso Embaló.
E l’ingegner Nuno Nabiam, ex primo ministro del primo governo Embaló, oggi alleatosi alle altre forze di opposizione, in attesa della convocazione di elezioni presidenziali che il presidente rimanda continuamente, e dell’esito delle elezioni legislative, fissate per il 24 novembre prossimo.
Il grande nemico è l’ingegner Domingos Simões Pereira, leader del PAIGC e favorito per le prossime elezioni presidenziali, ancora, appunto, senza data.
La figlia di Embaló in campo
Oltre a porre il “veto” su tre delle figure più in vista del paese, tutti suoi nemici giurati, Embaló ha compiuto un altro passo inaspettato: ha nominato la figlia, Suzana Teixeira Embaló, come sua consigliera speciale, giustificando la scelta con le sue capacità diplomatiche già sperimentate, e col fatto di possedere un master universitario.
Suzana Embaló da tempo frequenta i palazzi ministeriali. La giovane ha già accompagnato il padre nella recente visita di stato in Cina, partecipando anche a un summit Africa-Corea nel giugno scorso.
La reazione dei partiti di opposizione non si è fatta attendere. Nonostante, come ha sottolineato l’avvocato Vladimir Vitorino Gomes, non esista una legge che impedisca a un presidente di nominare propri familiari per incarichi istituzionali, l’accusa di nepotismo è stata immediatamente lanciata da parte di chi contrasta le modalità di governo poco democratiche e poco rispettose delle istituzioni da parte dell’attuale presidente.
Edmar Nhaga, vicecoordinatore della Lega guineana per i diritti umani, si è detto stupito e sconcertato per questa nomina, mentre il Forum di salvezza democratica, costituitosi da poco a Lisbona, ha reagito alla notizia con “tristezza e preoccupazione”.
Mettendo insieme i fatti, resta un dubbio che soltanto i prossimi mesi potranno sciogliere: a fronte di elezioni presidenziali inspiegabilmente rinviate, del “veto” di Embaló rispetto ai suoi più accesi e credibili concorrenti, infine dell’ascesa politica della figlia Suzana, un’ipotesi fino a oggi impensabile è quella della possibile designazione di quest’ultima a successore del padre.
Ipotesi che sarebbe in linea con la concezione delle istituzioni che Embaló ha dimostrato di possedere, in questi anni di presidenza, trattando il governo della Guinea-Bissau come cosa propria, da gestire secondo criteri personali e familiari.