Era il marzo di quest’anno quando alcuni giovani, insieme ad associazioni consolidate quali la Lega guineana dei diritti umani ed esponenti di punta dell’Ordine degli avvocati, dei sindacati e di molte altre organizzazioni della società civile, dettero vita in Guinea-Bissau a un nuovo soggetto civile e politico, il Fronte Popolare (FP). Obiettivo: riscattare il paese da uno stato giudicato autoritario, anti-democratico, repressivo, con vista sulle elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi alla fine di quest’anno, ma la cui data ancora non è stata annunciata dal presidente della Repubblica, Umaro Sissoco Embaló.
Manifestazioni pro-democrazia e pro-elezioni
Proprio il giorno della sua costituzione, il FP aveva annunciato mobilitazioni di massa, per occupare strade e piazze di Bissau e delle altre principali città del paese, al fine di ottenere una risposta almeno su due fronti: in primo luogo, la convocazione delle elezioni presidenziali, e in parallelo il pieno rispetto dei dettami costituzionali, che permettono libertà di manifestazione, espressione e stampa, negli ultimi quattro anni sono state costantemente minacciate.
La scorsa settimana il FP ha iniziato a mettere in pratica quanto preannunciato a marzo. Radio Sol Mansi, un’emittente cattolica locale con una lunga storia di impegno civile, ha descritto il tipo di reazione che il governo di Embaló ha avuto quando si è trovato davanti a una piazza ostile, ma assolutamente pacifica: 93 arrestati, fra cui una signora incinta e due giornalisti. Si è trattato di una manifestazione “passepartout”: le proteste erano indirizzate sia verso aspetti economici che stanno rendendo la vita dei cittadini della Guinea-Bissau insostenibile (inflazione alle stelle) che verso la mancanza di democrazia e libertà sindacale nel paese, e le continue violenze da parte della polizia locale.
Soltanto le pressioni di avvocati, di attivisti sociali e dei coordinatori del FP hanno permesso la liberazione di quasi tutti i reclusi; tuttavia, otto di loro, nonostante la disposizione emanata dal Tribunale di Bissau il 24 maggio scorso, sono rimasti in carcere ancora per diversi giorni, a causa – secondo il Commissario della polizia dell’ordine pubblico – dell’assenza di “ordini superiori”. Non a caso, uno di loro è Armando Lona, il leader del FP, che fra l’altro versa in cattive condizioni di salute. Alla fine gli attivisti sono stati liberati ieri. Dopo la scarcerazione, hanno confermato le accuse di tortura rivolte alle autorità di Bissau e hanno ribadito di «non aver commesso alcun crimine».
Elezioni: a quando?
Il grande nodo della politica della Guinea-Bissau, in questo momento, riguarda sì il peggioramento di tutti gli indicatori relativi a democrazia e stato di diritto, ma soprattutto la data delle elezioni. Le scorse elezioni generali, che hanno segnato una prima, consistente batosta per Embaló e il suo partito, MADEM G-15 (Movimento per l’Alternanza Democratica), ormai senza più maggioranza parlamentare, sono state rimandate di circa un anno, proprio per evitare ciò che, poi, si è puntualmente verificato, la sconfitta della coalizione di governo, che ha dato origine a un caos istituzionale che permane ancora oggi.
Il FP, così come molte altre forze della società civile guineana, sono assai preoccupate del fatto che le elezioni presidenziali, previste per quest’anno, ancora non abbiano una data certa. Embaló sta infatti cercando di replicare lo schema sperimentato per le elezioni parlamentari: rimandare il più a lungo possibile, magari cercando qualche escamotage per un rinvio ufficiale. La partita è aperta, e i movimenti della società civile sanno perfettamente che l’obiettivo principale, in questo momento, è manifestare per avere una data certa per le prossime presidenziali.
Il resto, almeno questo è il loro auspicio e la loro previsione, verrà da sé, nella convizione che Embaló uscirà sconfitto da queste elezioni, permettendo così di aprire una fase nuova nella politica di questo piccolo paese dell’Africa occidentale, ancora strangolato da corruzione e traffico di droga.