Guinea-Bissau: «Non ci fu nessun tentativo di golpe nel 2022»
Conflitti e Terrorismo Guinea-Bissau Politica e Società
È la tesi del professore, docente universitario e attivista guineano Fodé Mané, ascoltato da Nigrizia
Guinea-Bissau: «Non ci fu nessun tentativo di golpe nel 2022»
È stata ordinata la scarcerazione degli imputati che però restano in carcere. I giudici che l'hanno ordinata, sono scomparsi
31 Luglio 2024
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 3 minuti
Un'immagine di Bissau. Foto dal profilo Flickr di jbdodane

Le notizie che si susseguono in questi giorni da Bissau, la capitale del piccolo ma travagliato paese dell’Africa occidentale, sembrano di natura giuridica: prima, il rilascio in alcuni casi l’assoluzione e in alcuni degli accusati di avere ordito un colpo di stato contro il presidente Umaro Sissoco Embaló nel febbraio del 2022, dai contorni mai stati chiariti; poi, la sparizione dei tre giudici del Supremo tribunale militare (Melvin Sampa, Júlio Embana e Rafael Luís Gomes) che avevano ordinato la scarcerazione dei suddetti accusati, sequestrati il 24 luglio scorso dallo Stato maggiore generale delle Forze armate e dal suo comandante, generale Bianguê Na Ntam, senza alcuna spiegazione o accusa, e soprattutto completamente isolati dal resto del mondo, familiari e avvocati compresi.

Un processo sul nulla 

In termini giuridici, come ha spiegato a Nigrizia il professor Fodé Mané, avvocato e attivista di diritti umani in Guinea-Bissau, la decisione di scarcerazione non fa una piega: la debolezza delle accuse era evidente. Esisteva un solo testimone diretto, il signor Carlos Indami, da cui sono partite tutte le accuse, e che mai, fra l’altro, è stato messo sotto processo. Le accuse, ha spiegato Mané, erano uguali per tutti, e quest’unico, ipotetico testimone non avrebbe saputo distinguere fra mandanti, esecutori materiali e, fra questi, chi avrebbe fatto cosa.

Inoltre, i termini per la prigione preventiva erano stati ampiamente superati (in teoria dopo 72 ore di detenzione, deve essere formulata un’accusa, altrimenti occorre procedere al rilascio). Insomma, di fronte alla debolezza delle accuse e all’evidente lesione dei diritti fondamentali in termini di detenzione preventiva, l’unica scelta era rilasciare gli imputati, i quali, propriamente, ricorda il professore, «non potrebbero neanche essere classificati come formalmente accusati, poiché non vi è mai stato un indizio o prova consistente che questi avessero praticato un crimine». 

Spirale autoritaria nel silenzio generale 

Mentre le associazioni dei diritti umani sono in lotta contro un presidente che, secondo Fodé Mané, sta portando il paese a una deriva autoritaria, convocando elezioni legislative anziché presidenziali per mantenersi al potere, «senza che partners strategici, quali Portogallo, Nazioni Unite ed Ecowas si preoccupino più di tanto», quanto emerge dal caso giudiziario ha risvolti politici molto importanti.

Lo stesso Mané ha confermato che, rispetto ai fatti del 2022, «non è mai esistito un tentativo di golpe, ma soltanto una strategia, da parte di Embaló, di eliminare chi non intende sottomettersi alla sua feroce candidatura». Insomma, una sorta di tragica messa in scena di un presidente che avrebbe usato questa giustificazione per liberarsi di alcune delle figure che gli facevano ombra, come l’allora primo ministro Nuno Gomes Nabiam.

Le stesse autorità, presidente compreso, hanno fornito le versioni più disparate dell’episodio, facendo aumentare le ombre, anziché diradarle: prima sarebbe stati trafficanti di droga, poi i ribelli della regione senegalese della Casamance, come affermò a suo tempo Fernando Vaz, al tempo portavoce del governo, infine militari locali, nel tentativo di sovvertire l’ordine costituito. Le commissioni di inchiesta nominate per scoprire la verità su quei fatti non hanno portato a niente: né quella governativa, presieduta dal ministro dell’interno, né quella dello Stato Maggiore, con a capo il potente generale Samuel Fernandes, né, infine, quella della Procura generale.

La netta impressione è che la Guinea-Bissau si stia cacciando in un ennesimo vicolo cieco, in cui i meccanismi di repressione, da parte del presidente Embaló, si stanno scontrando con un potere giudiziario in parte ancora autonomo, una società civile agguerrita, ma sempre più intimorita e alla ricerca di soluzioni pacifiche per una crisi ormai in corso.

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