Era fine giugno quando, con un’ennesima mossa a sorpresa, Umaro Sissocó Embaló, il contestato presidente della Guinea-Bissau, tolse la scorta ai principali leader politici del paese, alcuni dei quali facevano parte dell’esecutivo di iniziativa presidenziale, che era stato nominato un anno prima.
Enormi polemiche e sincere preoccupazioni furono immediatamente manifestate da un po’ tutti gli attori politici e sociali del paese.
Per tutta risposta, alcuni dei partiti che vedevano propri esponenti fare parte del rabberciato esecutivo senza maggioranza parlamentare, in particolare il Partito del rinnovamento sociale (PRS) e l’Assemblea del popolo unito-Partito democratico della Guinea-Bissau (APU-PDGB), invitarono i loro membri a lasciare ruoli governativi come, puntualmente, è accaduto.
Il presidente si è quindi ritrovato con un esecutivo dimezzato, oltre che con un parlamento ostile. La soluzione è stata, già da qualche settimana, convocare elezioni legislative, per eleggere un nuovo parlamento, anziché presidenziali (che avrebbero dovuto essere realizzate alla fine di quest’anno).
Consultazioni fissate quindi per il 24 novembre, e ritenute dai più illegittime, appunto per una violazione costituzionale piuttosto evidente, da parte del presidente, ostinato nel non volere convocare elezioni presidenziali, pur di mantenersi in sella ancora per qualche tempo.
Oltre a questa mossa, Embaló si è trovato a dover ristrutturare radicalmente il proprio esecutivo, con un valzer di ministri e segretari di stato degni di miglior causa.
Il rimpasto
Un rimpasto stile prima repubblica italiana, quello che Embaló ha realizzato in questi giorni, con qualche nuova entrata, ma soprattutto cambi di poltrone da un ministero all’altro, puntellando soprattutto il settore della sicurezza (personale, più che del paese).
A livello ministeriale, Aristides Ocante da Silva assume l’incarico di ministro dell’Amministrazione territoriale e dei poteri locali, lasciando il ruolo di consigliere speciale del presidente.
Marciano Silva Barbeiro passa dal ministero fino ad adesso nelle mani di da Silva a quello dei Trasporti, telecomunicazioni ed economia digitale, mentre l’ex-titolare di questo dicastero, José Carlos Esteves, passa al ministero delle Opere pubbliche, da cui uno degli ex-fedeli di Embaló, Fidélis Forbs, del MADEM-G15, si era dimesso, in dissenso col suo ex-leader.
L’importante ministero della Difesa è stato affidato a un esponente del PRS in dissenso col leader del suo partito, Fernando Dias (eletto a giugno di quest’anno alla testa di questa formazione politica), Dionísio Cabi, mentre quello della Comunicazione sociale è stato affidato a Florentino Fernando Dias, avvocato ed ex-leader del PRS, sostituendo Maria da Conceição Évora, passata al ministero della Cultura, gioventù e sport.
Il consigliere della presidenza della repubblica, José Carlos Varela Casimiro, è stato nominato ministro dell’Energia, un settore chiave per un paese che vive al buio, mentre alla Casa Civile della presidenza della repubblica è stato nominato il tenente-generale Sandji Fati, già ministro dell’Interno, membro del partito MADEM G-15 e fedelissimo di Embaló.
Il patto di Lisbona delle opposizioni
Mentre Embaló cerca di barcamenarsi, disegnando un gruppo di nuovi, possibili fedeli presi dalla dissidenza dei partiti che ne avevano sostenuto la candidatura presidenziale, a Lisbona le opposizioni hanno compiuto un passo decisivo in vista delle prossime elezioni presidenziali.
Due giganti della politica della Guinea-Bissau, il vincitore delle precedenti elezioni legislative e leader del PAIGC, Domingos Pereira, e l’ex-primo ministro di Embaló, Nuno Nabiam, oggi coordinatore del Forum per la salvezza democratica, hanno infatti firmato, il 12 agosto scorso, una dichiarazione congiunta, finalizzata a restaurare lo stato di diritto nel piccolo paese dell’Africa occidentale.
Alla firma erano presenti altre figure di spicco della politica della Guinea-Bissau, come Agnelo Regalla, leader dell’Unione per il cambiamento, Fernando Dias, presidente del PRS, e Abdu Mané, del MADEM G-15, che era stata la formazione di riferimento di Embaló.
Un vasto spettro dei partiti di opposizione, insomma, alcuni dei quali ex-alleati del presidente in carica, decisi a defenestrare, con le buone o con le cattive, un capo di stato che non ne vuole sapere di uscire dal potere con metodi democratici (elezioni presidenziali), violando continuamente i principi costituzionali fondamentali.
Oltre al “patto”, i firmatari hanno annunciato manifestazioni di massa a Bissau, riconoscendo che le conseguenze di questa situazione potranno essere “imprevedibili”, anche se Domingos Pereira ha sottolineato la necessità di evitare violenze o comportamenti estremi, che potrebbero portare a una condizione di completa anarchia.
La tensione è alle stelle, e le modalità di uscita da questa crisi difficilmente prevedibili.