«L’entusiasmo e la marea di speranza che aveva accolto l’avvenimento del Cnrd (Comitato nazionale per la riconciliazione e lo sviluppo, giunta militare guidata da Mamady Doumbouya, ndr) il 5 settembre 2021 e che si erano spontaneamente espressi nella celebrazione del 2 ottobre seguente nelle strade e sulle piazze, hanno oggi ceduto il passo al dubbio, alle domande, alla delusione. I fatti che hanno portato all’estinzione della speranza e della gioia si chiamano: interruzione di internet dal 24 novembre 2023 al 23 febbraio 2024, la soppressione di diversi media, l’imprigionamento di alcuni giornalisti, ecc.».
La Chiesa cattolica prende posizione sulla gestione della transizione in Guinea. In una lunga lettera aperta, la Conferenza episcopale locale «invita le autorità a fare urgentemente chiarezza sul calendario della transizione: programma, strategia e obiettivi».
La lunga lettera era stata redatta a inizio maggio, ma non è stata diffusa che il 1 luglio su alcuni mezzi di informazione. Il messaggio si rivolge naturalmente anche ai partiti di opposizione e alla società civile con un chiaro invito a tutte le parti perché insieme definiscano «un nuovo quadro di dialogo realmente inclusivo» per evitare ogni embrasement nel paese.
Occasione simbolica
La redazione della lettera è avvenuta in occasione del pellegrinaggio di Boffa, il più importante pellegrinaggio cattolico del paese, che riunisce migliaia di fedeli (fino a 20mila) la prima domenica di maggio. Per i cattolici guineani è un ritorno sulle tracce dei primi missionari cattolici. Boffa è infatti la culla del cristianesimo in Guinea e il luogo, sull’Atlantico, dove è nata la prima chiesa, la parrocchia Saint-Joseph, nel 1877. Tappe del pellegrinaggio: la visita alla chiesa Saint-Joseph di Boffa, la grotta della Vergine, il cimitero dei missionari e la grande celebrazione finale nel santuario mariano.
Gli esponenti della Conferenza episcopale avevano registrato il loro intervento e l’avevano fatto arrivare alla televisione pubblica RTG, che l’aveva però ignorato. È solo a inizio settimana che dei siti di informazione lo hanno… riesumato.
I vescovi – pastori di una comunità che costituisce poco più del 3% della popolazione, ma stimata per il suo servizio sociale nell’educazione nella sanità ‒ tracciano un quadro inquietante della situazione: disoccupazione, inflazione, mancanza di acqua ed elettricità, insicurezza sempre più grande. «Tutto sembra andare a catafascio» in un paese «senza timoniere», recita il messaggio, sottolineando «difficoltà aggravate dalla mancanza di visibilità nell’orientamento, il programma e il calendario della transizione».
«Serve intesa fra le parti»
Secondo don Louis Gbilimou, segretario generale della conferenza episcopale, il messaggio è più che mai attuale: «Ci si rivolge al governo e alla gente su fatti che sono sotto gli occhi di tutti. C’è meno lavoro, i prezzi dei generi alimentari si impennano, manca l’elettricità, le strade sono dissestate e provocano troppi incidenti…Il tutto legato anche al fatto di mancanza di chiarezza sul cronogramma. I partiti politici stanno preparando scioperi per avere chiarezza della transizione…Andiamo verso la fine annunciata di questa fase…Ma non si può cambiare o prolungarla senza un accordo tra tutte le parti. È per evitare scioperi o rivolte o altre conseguenze sociali che i vescovi intervengono», spiega don Louis Gbilimou.
I vescovi chiedono inoltre alle autorità del perché del loro «mutismo, fonte di angoscia e paura». Per loro è importante che opposizione, società civile e governo militare si parlino e invece che soffiare sul fuoco, calmino le tensioni.
Sarano ascoltati? O i militari continueranno a…tergiversare, pur di mantenersi al potere?