I militari golpisti in Guinea hanno ordinato la cessazione di tutte le attività, a partire dal 4 luglio, della miniera di Simandou, nella regione meridionale di Nzérékoré, il più grande giacimento di ferro del mondo, già in passato al centro di inchieste internazionali per corruzione.
La giunta ritiene che i due colossi minerari che la sfruttano, Simfer, sussidiaria di Rio Tinto (Regno Unito e Australia, seconda compagnia mineraria al mondo) e Winning Consortium (Cina, Singapore e Francia), stiano dimostrando «mancanza di volontà» di costituire una joint venture con lo stato, per il realizzo di nuove infrastrutture. Questo dopo aver posto loro una serie di ultimatum, l’ultimo dei quali scaduto il 1 luglio.
Con due miliardi di tonnellate di riserve di minerale di ferro, Simandou è uno dei giacimenti di minerale di ferro di alta qualità più facilmente sfruttabili al di fuori della regione australiana di Pilbara e del Brasile. A piena produzione, la miniera dovrebbe esportare fino a 100 milioni di tonnellate all’anno.
Il sito minerario è già praticamente fermo da quando il colonnello Mamadi Doumbouya è salito al potere il 5 settembre 2021. Il nodo del problema riguarda la costruzione delle infrastrutture – tra cui una ferrovia di 670 chilometri e un porto -, in cui lo stato dovrebbe avere una partecipazione del 15%. La giunta al potere pretende che queste azioni siano gratuite. Rio Tinto era disposto ad accettare, ma il Winning Consortium chiede una partecipazione finanziaria.
Il ritardo nei tempi di esecuzione del progetto causerà però un aumento dei costi alla ripresa, ripercussioni negative per gli investimenti esteri della Guinea, oltre che la perdita di migliaia di posti di lavoro.