Il governo di Haiti ha accolto “con grande interesse” l’offerta del Kenya di guidare una forza multinazionale di 1.000 uomini per rafforzare la sicurezza nel paese caraibico.
Nairobi è stato il primo paese a rispondere all’appello lanciato ormai quasi un anno fa dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e dal primo ministro haitiano Ariel Henry per un intervento internazionale in sostegno alla polizia, in lotta contro gang criminali che controllano circa l’80% della capitale Port-au-Prince.
Un appello rilanciato da Guterres a luglio, al termine di una sua visita nella martoriata città, alle prese quotidianamente con crimini violenti come rapimenti a scopo di riscatto, stupri, rapine a mano armata e furti di auto.
«Ho incontrato gli haitiani e ho notato lo sfinimento di una popolazione che da troppo tempo affronta condizioni di vita insopportabili», ha dichiarato Guterres.
«Dobbiamo mettere Haiti sulla mappa politica internazionale e rendere la tragedia del popolo haitiano la massima priorità della comunità internazionale».
Il perdurare della violenza delle bande ha alimentato le critiche nei confronti del primo ministro Ariel Henry, di fatto leader del paese dall’assassinio di Jovenel Moise, il 7 luglio 2021.
Henry deve affrontare continue crisi di legittimità poiché la maggior parte delle istituzioni statali non funziona e le elezioni sono state ripetutamente rinviate.
Molti gruppi di sostegno alla popolazione e organizzazioni per i diritti umani puntano il dito contro i cartelli della droga e ribadiscono che Haiti potrebbe presto scivolare verso un’aperta guerra civile.
Una situazione che preoccupa in particolare gli Stati Uniti, che di recente hanno ordinato la partenza del personale governativo non essenziale, invitando i cittadini americani a lasciare la nazione “il prima possibile”.
Ed è stato proprio il segretario americano Antony Blinken a fare pressioni sul presidente keniano William Ruto perché si offrisse di guidare la forza di l’intervento della comunità internazionale.
Un’operazione che attende ora il via libera del Consiglio di sicurezza dell’ONU. La risoluzione che ne chiede l’autorizzazione sarà presentata da Stati Uniti ed Equador.
Non è chiaro quali altri paesi potrebbero contribuire a tale missione. A farsi avanti, per il momento, è stato solo il governo delle Bahamas che ha annunciato a sua disponibilità all’invio di 150 uomini.
Pur riconoscendo l’impossibilità per le forze del piccolo paese di combattere da sole le gang, la popolazione teme però l’arrivo della forza multilaterale.
Non ha dimenticato gli abusi sessuali di massa compiuti dai peacekeepers della missione ONU dal 2004 al 2017 (MINUSTAH).
Uno dei paesi più poveri del mondo, Haiti ha affrontato per anni una dilagante violenza delle bande criminali che negli ultimi mesi hanno provocato un’ondata di sequestri, omicidi di agenti di sicurezza e di civili.
Alle violenze delle gang si è aggiunta, in giugno, una nuova devastazione provocata dalle piogge torrenziali che hanno causato allagamenti, gravi danni materiali e perdita di vite umane nella regione metropolitana di Port-au-Prince e nel sud del paese.
A colpire il paese caraibico, poco prima, era stato anche un terremoto di magnitudo 5.7 nella regione di Grand’Anse, al quale si è aggiunta una recrudescenza di colera che ha provocato la morte di diverse centinaia di persone.
Secondo i dati diffusi dalle autorità sanitarie, l’epidemia, che aveva colpito per la prima volta Haiti nell’ottobre 2010, ha ucciso da allora 10.174 persone, 726 da ottobre 2022 ad oggi.
Dallo stesso mese, inoltre, i casi sospetti, sono stati 45.248 con oltre 40.000 ricoveri.
Da notare che l’età media dei contagiati ricoverati è di 17 anni.