Haiti: primi risultati per la missione multinazionale di sicurezza
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Il contingente kenyano che affianca la polizia haitiana nella capitale Port-au-Prince ha annunciato “progressi significativi” contro le gang
Haiti: primi risultati per la missione multinazionale di sicurezza
Conclusa con la selezione di almeno 3mila candidati la campagna di reclutamento per riformare il vituperato esercito, guidato dal 20 agosto scorso dal generale Derby Guerrier
03 Settembre 2024
Articolo di Redazione
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Durante il 20° secolo – scriveva Nigrizia lo scorso giugno in un dossier dedicato a Haiti – l’isola caraibica ha subìto l’occupazione militare statunitense, ha patito un massacro istigato dal dittatore dominicano Rafael Trujillo e per 14 anni ha vissuto sotto la dittatura di François Duvalier (1957-1971) e poi del figlio Jean-Claude.

Dopo le proteste che nel 1986 portarono all’esilio del dispotico ex presidente, Haiti ha tentato la transizione verso la democrazia. Ma questo processo è stato frustrato da vari colpi di stato e brogli elettorali.

Haiti pertanto – dove a inizio 2010 un terremoto di magnitudo 7 aveva ucciso 230mila persone lasciandone 1 milione e mezzo senza un tetto – vive da lungo tempo in stato di instabilità sociale e politica, ed è tuttora preda della violenza di bande armate che imperversano soprattutto nella capitale Port-au-Prince e controllano le principali arterie del paese.

Gli scontri tra gang e contro l’esercito governativo si erano intensificati all’inizio di quest’anno costringendo l’ex primo ministro Ariel Henry a dimettersi, lo scorso marzo.

Le gang avevano preso il controllo di dozzine di stazioni di polizia, avevano chiuso il principale aeroporto internazionale per tre mesi e avevano preso d’assalto le due più grandi prigioni, liberando migliaia di detenuti.

Da allora, purtroppo, la violenza nella capitale e nel resto del paese aveva tra l’altro provocato anche una grave crisi umanitaria. Le Nazioni Unite hanno stimato che siano 600mila le persone sfollate, mentre le bande armate sono accusate di abusi, omicidi, stupri, saccheggi e rapimenti.

Missione multinazionale di sicurezza

In questo contesto a giugno erano arrivati nel paese, per supportare il governo, i primi 400 poliziotti kenyani, seguiti da un secondo gruppo di altri 200 uomini.

Istituita per una durata iniziale di un anno, la missione multinazionale di sicurezza guidata dal Kenya e sostenuta dall’ONU, la Multinational Security Support Mission (MSS) avrebbe dovuto coinvolgere un totale di 2.500 unità provenienti da paesi tra cui Benin, Ciad, Bangladesh, Bahamas e Barbados.

Sembra però che da parte dei paesi citati esista oggi una certa reticenza nell’invio delle truppe promesse.

Quanto agli Stati Uniti, che avevano fin da subito escluso un diretto intervento sul campo, hanno tuttavia finanziato l’operazione dell’MSS con 109 milioni di dollari, una cifra che dovrebbe raggiungere in seguito un totale di 300 milioni per il supporto logistico.

Una decisione presa su iniziativa del segretario di stato Anthony Blinken nonostante l’opposizione iniziale del Congresso americano, di molti haitiani e perfino dei tribunali kenyani.

Offensiva a Port-ou-Prince

Dopo aver intimato alle gang la resa, il comandante delle forze haitiane Normil Rameau e il suo pari kenyano Godfrey Otunge, responsabili della missione, hanno lanciato la prima operazione a tutto campo contro le bande.

Le aree colpite sono state Bel-Air e Solino, quartieri della capitale limitrofi a Delmas, area sotto il controllo di Jimmy Chérizier, detto Barbecue, il più famoso e potente tra i capibanda del paese.

Cherizier che in un’intervista aveva affermato – smentendo le accuse fatte in precedenza al contingente kenyano, di aver invaso illegalmente il paese – che i soldati kenyani erano suoi fratelli e che intendeva evitare qualsiasi scontro che potesse provocare inutili vittime.

Aveva invece ribadito le accuse a Stati Uniti, Francia e Canada di voler imporre un governo ad Haiti solo per promuovere i propri interessi. I paesi occidentali e gli oligarchi haitiani – nelle parole di Barbecue – erano in realtà all’origine delle violenze ad Haiti.

Lo scorso 25 agosto i responsabili kenyani e haitiani della missione multinazionale hanno comunicato di aver compiuto “progressi significativi” nella lotta alla violenza delle bande.

Il comunicato sostiene che la MSS ha aiutato la polizia haitiana a riprendere il controllo di varie “infrastrutture critiche, compreso l’aeroporto, in mano alle bande” e di “aver liberato strade importanti che hanno permesso il ritorno di migliaia di haitiani precedentemente sfollati”.

Un nuovo esercito

Nel frattempo Garry Conille, dal 3 giugno nuovo primo ministro, ha lanciato una campagna di reclutamento di giovani haitiani, al fine di ricostruire e rinforzare l’esercito un tempo profondamente vituperato, per eliminare le bande criminali.

Secondo il ministero della Difesa almeno 3mila candidati sono stati selezionati a metà agosto e hanno presentato i documenti necessari in attesa di visite di controllo e test mentali. Se accettati si raddoppierebbe l’attuale forza di 2mila unità in campo dall’inizio dello scorso anno.

Dopo l’ultimo colpo di stato del 1991, che aveva spodestato l’ex presidente Jean-Bertrand Aristide, il governo, nel 1995, aveva sciolto le forze armate che contavano allora circa 7mila unità. 

Michael Deibert, noto storico haitiano, ha dichiarato che «la decisione di smobilitare l’esercito… si è rivelata una delle più catastrofiche nella storia del paese». La prima generazione di bande, secondo Deibert, si è formata infatti tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. «Sono entrati nel vuoto lasciato dalle forze di sicurezza, un ruolo che la polizia da sola non è mai stata in grado di colmare», ha scritto l’intellettuale haitiano.

Dopo lo scioglimento dell’esercito, infatti, il governo aveva creato la polizia nazionale haitiana e la guardia costiera, supportate dall’arrivo di truppe delle Nazioni Unite. Una volta terminate le operazioni di peacekeeping delle forze dell’ONU, l’esercito venne ripristinato nel 2017 dal presidente Jovenel Moïse, assassinato nel luglio 2021.

Con l’aggravarsi della violenza tra bande negli anni dopo l’uccisione di Moïse, l’ex primo ministro Ariel Henry, nel marzo 2023 aveva annunciato che avrebbe mobilitato tutte le forze di sicurezza.

Le forze armate contavano dunque su circa 2mila unità addestrate da esperti in Messico, Colombia e Argentina. Di fatto, tuttavia, il ruolo del piccolo esercito è rimasto secondario rispetto alla polizia nazionale.

Ora ha ripreso forza dopo che il generale Derby Guerrier ha prestato giuramento il 20 agosto come nuovo capo delle forze armate, per l’appunto pochi giorni dopo la fine del massiccio reclutamento di nuovi soldati.

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