«Rivolgiamo un appello al presidente del Consiglio sovrano del Sudan e capo di stato maggiore dell’esercito, generale Abdel Fattah al-Burhan, e al primo ministro Abdalla Hamdok affinché intervengano personalmente per fermare gli abusi perpetrati delle istituzioni governative contro i palestinesi che vivono in Sudan, ai quali sono stati confiscate le loro proprietà, beni personali e denaro che hanno guadagnato legalmente».
Così, il 25 settembre scorso, Hamas ha esortato i leader sudanesi a restituire i beni dei palestinesi che vivono nel paese africano. L’appello del movimento di resistenza palestinese è arrivato dopo che, il 23 settembre, i media locali hanno reso noto che le autorità sudanesi hanno sequestrato «beni e somme di denaro che durante il lungo governo dell’ex presidente Omar El-Bashir erano stati utilizzati per fornire sostegno ad Hamas».
Tuttavia, Hamas ha negato qualsiasi legame tra il movimento e la proprietà dei beni confiscati, precisando che «i beni citati dai media sudanesi sono di proprietà di comuni uomini d’affari e imprenditori palestinesi che non hanno alcun legame organizzativo con il movimento».
Un altro appello è arrivato direttamente dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) che ha chiesto a Khartoum di riconsegnare tutti i beni confiscati ai propri compatrioti. L’invito è stato rivolto con un post su Twitter da Hussein al Sheikh, dal 2007 a capo dell’Autorità generale per gli affari civili dell’Anp e vicinissimo al presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
We hope that the state of #Sudan, which has always been a supporter (people and a government) to #Palestine, to hand over the movable and immovable funds that were confiscated to the State of Palestine and its Government. (1/2) https://t.co/QVTuAS2b0H
— حسين الشيخ Hussein Al Sheikh (@HusseinSheikhpl) September 25, 2021
Le autorità sudanesi devono ancora rilasciare un commento ufficiale sulla questione. Per ora, solo un alto funzionario della task force che ha eseguito il sequestro dei beni palestinesi deciso dal governo di Khartoum, ha affermato che «le autorità sudanesi non hanno disposto il sequestro di legittime proprietà private ma piuttosto hanno recuperato alcune proprietà pubbliche sottratte alla collettività durante il lungo governo di El-Bashir».
Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da Israele e dai paesi occidentali. L’acquisizione da parte del Sudan di almeno una dozzina di società che, secondo i funzionari locali, erano collegate al movimento palestinese, ha contribuito ad accelerare il riallineamento di Khartoum con i governi occidentali dopo il rovesciamento di El-Bashir.
Riavvicinamento con Israele e ricatti Usa
Nell’ultimo anno, il Sudan ha ottenuto la rimozione dall’elenco statunitense degli Stati sponsor del terrorismo e ha registrato rapidi progressi verso la cancellazione di gran parte del debito estero di oltre 50 miliardi di dollari, nell’ambito del programma Hipc (Highly Indebted Poor Countries) del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.
Khartoum ha accumulato enormi arretrati sul suo debito estero, ma recentemente grazie ai prestiti ponte dei singoli Stati, ha ridotto i sospesi con gli organismi internazionali e questo permetterà al paese africano di accedere a finanziamenti internazionali più economici.
Inoltre, lo scorso 6 gennaio, il Sudan ha firmato gli “Accordi di Abramo” per arrivare alla normalizzazione dei rapporti diplomatici con Israele che erano già stati sottoscritti in precedenza da Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Marocco. L’intesa di gennaio è stata siglata insieme ad un accordo separato di aiuti, che promette un finanziamento annuale di 1 miliardo di dollari da parte della Banca mondiale al paese africano.
Equilibrismi diplomatici
Tuttavia, la ministra degli esteri sudanese, Mariam Sadiq al-Mahdi, lunedì ha affermato che il suo governo non ha compiuto alcun passo significativo per normalizzare le relazioni con Israele dallo scorso aprile, quando ha abrogato una legge del 1958 sul boicottaggio di Israele che proibiva qualunque rapporto diplomatico ed economico con lo stato ebraico.
La responsabile della diplomazia sudanese ha precisato che «l’abolizione della legge sul boicottaggio di Israele non significa che prenderemo in considerazione la possibilità dell’apertura di un’ambasciata israeliana a Khartoum».
La signora Mahdi ha quindi affermato che il nuovo parlamento, che deve ancora essere costituito, si occuperà della questione. Ha infine aggiunto che «sarà necessario migliorare le relazioni con Israele per migliorarle anche con gli Stati Uniti, ricordando che queste mosse di politica estera sono legate al sostegno all’adesione del Sudan all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), dopo quasi due decenni di tentativi falliti».
I termini per l’ammissione al Wto stabiliscono che non ci deve essere l’opposizione di nessuno degli Stati membri e per Khartoum riuscire a entrare nell’organizzazione di Ginevra sarebbe il sigillo dell’apertura del paese al mondo e a nuove partnership commerciali.