Domenica 8 gennaio, i beninesi sono chiamati alle urne per eleggere i deputati della nona legislatura, rinnovando il loro parlamento, l’assemblea nazionale, monocolore dalla precedente elezione.
Si era temuto il peggio, cioè che si ripetesse lo scenario del 2019 quando i partiti dell’opposizione erano stati praticamente esclusi dalla corsa agli scranni dell’assemblea, provocando violenze. Col risultato di un parlamento monocolore, interamente acquisito al presidente Patrice Talon, “il re del cotone”, uomo dell’imprenditoria prestato alla politica. Il Benin è una repubblica a “regime” presidenziale.
Competizione vera
Questa volta, l’opposizione prende parte allo scrutinio, permettendo al piccolo paese dell’Africa occidentale elezioni aperte e inclusive: la Commissione elettorale nazionale autonoma (Cena) ha infatti autorizzato tre (su 7) partiti di opposizione. Partecipa, dunque, anche il solo vero partito di opposizione Les Démocrates (i democratici) dell’ex-presidente Thomas Boni Yayi, che ha superato lo scoglio-pretesto della purezza fiscale dei candidati.
Si tratta della prima elezione pluralista dell’era Talon. Che rassicura tanti sulla volontà democratica del governo, tentato da derive autoritarie in un paese che era modello di democrazia in Africa da quando, a inizio 1991, era passato da un governo militare e a partito unico a un multipartitismo reale, mettendo fine al governo del generale Mathieu Kérékou (1972-1991).
24 seggi alle donne
Novità dello scrutinio: 24 seggi sono riservati alle donne. Nella precedente legislatura, quella iniziata nel 2019, erano soltanto 6 su 93 deputati, uno dei parlamenti meno rosa del continente. Questa volta si tratta di eleggere 109 parlamentari. In lizza ci sono 7 partiti, anche se a maggioranza pro-mouvance presidenziale.
La campagna elettorale, aperta il 23 dicembre e che si è chiusa venerdì 6 gennaio, si è praticamente svolta durante le feste natalizie. Normale non sia stata particolarmente entusiasmante. Non ci sono stati grandi meeting, ma solo incontri ridotti. I cittadini sono “distratti” dalle preoccupazioni quotidiane di un lavoro e del cibo da procurarsi. Si teme quindi una debole partecipazione al voto.
In campagna, i Democratici hanno rimproverato al governo Talon di essere «un concentrato di tutte le derive della vera governance democratica».
Non rimane che attendere il risultato di una elezione che potrebbe riservare qualche sorpresa, anche se per avere un seggio in parlamento bisogna ottenere le simpatie del 10% dell’elettorato a livello nazionale. (E.B.)