L’Africa subsahariana è in questi giorni più che mai al centro degli interessi del Giappone, impegnato in una serie di visite di alto livello per la promozione del commercio e degli investimenti, in particolare nel settore energetico, e per il contrasto all’influenza russa e cinese nel continente.
Lo sforzo diplomatico è duplice: da un lato il tour di una settimana del primo ministro Fumio Kishida, iniziato il 30 aprile dall’Egitto, e dall’altro quello del ministro degli esteri Yamada Kenji in Mozambico e Maurizio dal 1 al 6 maggio.
Per Kishida questo è il primo viaggio in Africa – oltre all’Egitto, Kenya, Ghana e Mozambico – da quando è entrato in carica nell’ottobre 2021 e arriva nel mezzo di una spinta per rafforzare i legami con il cosiddetto “sud globale” e per irrobustire il consenso contro l’invasione della Russia in Ucraìna in vista del vertice G7 che si terrà dal 19 al 21 maggio a Hiroshima.
Quello del ministro degli esteri è invece un viaggio prettamente legato al business. Yamada Kenji è infatti a capo della missione congiunta del settore pubblico e privato per la promozione del commercio e degli investimenti giapponesi in Africa. Una delegazione imprenditoriale di 53 persone e 26 aziende, legate al commercio, all’energia, alle costruzioni e alle start-up.
Due missioni che convergono in Mozambico con la concomitante presenza del primo ministro e del ministro degli esteri a Maputo, prima del loro rientro a Tokyo.
E proprio da Maputo, ieri, Fumio Kishida ha dichiarato che «il Giappone sosterrà finanziariamente la lotta al terrorismo» nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, dove dal 2017 operano gruppi armati filo-islamisti che bloccano le attività di estrazione di gas naturale liquefatto (Gnl).
«La sicurezza è fondamentale per il funzionamento delle società giapponesi nel nord del Mozambico», ha aggiunto il primo ministro, riferendosi al gruppo Mitsui che detiene il 20% del progetto di estrazione di gas, cui partecipa il governo mozambicano (Empresa Nacional Hydrocarbons – Enh), con il 15%, e il colosso energetico francese TotalEnergies (con un 26,5%), oltre alla thailandese Pttep (8,5%) e alle società indiane Ongc Videsh (10%), Bharat Petroleum e Oil India.
Un progetto, le cui attività sono sospese dall’aprile 2021 a seguito di un attacco alla vicina città costiera di Palma, per la cui riapertura sta spingendo il presidente Filipe Nyusi, intenzionato ad approfittare degli attuali prezzi elevati del Gnl e del passaggio globale verso fonti di energia più pulite.
Ma soprattutto Nyusi è impaziente di mettere a frutto l’investimento energetico, del valore complessivo di 60 miliardi di dollari, che, una volta a regime, rivoluzionerebbe la sofferente economia mozambicana.
Lo scorso 26 aprile il presidente ha affermato che le condizioni sono favorevoli per la ripresa dei lavori, ma TotalEnergies per ora frena, ritenendo “opportuno prendersi il tempo necessario per avere garanzie prima di considerare un possibile riavvio degli impianti”.
Una ripresa che fa gola anche al Giappone – che si contende con la Cina il primato mondiale dell’importazione di Gnl – che nel frattempo ha stipulato con Maputo un accordo per la fornitura di attrezzature per l’aviazione del valore di circa 22,5 milioni di dollari e di una nave di sorveglianza del valore di 830mila dollari.