L’Unione Europea alla prova dell’Africa ha davanti due strade. Una è ricordarsi di essere un miracolo geopolitico e un punto di riferimento, un’oasi di coesione a cui lo stesso continente di fronte si ispira, nell’avanzare generale del caos. L’altra strada, invece, è quella di proseguire lungo il cammino delle ossessioni che da tempo la inchiodano al palo, condannandola a politiche tanto dispendiose quanto inefficaci come il controllo delle migrazioni e la competizione con la Cina.Sembra un bivio del tutto ideale ma è fatto di politiche concrete. A produrle queste politiche, è il Parlamento europeo. L’8 e il 9 giugno, 360 milioni di elettori sceglieranno i 720 deputati che lo compongono.
I sondaggi non prevedono grandi scossoni. Non è affatto detto che la temuta marea sovranista travolga le istituzioni europee. Ma la realtà è che forse non serve neanche più: la sinistra che insegue la destra sulle agende chiave si è già impantanata da sola. E l’Africa dunque? Continua a essere un rompicapo: priorità che non arriva mai per prima, è forse la regione del mondo che più di tutte chiede a Bruxelles di cambiare, magari tornando alle origini.
Di elezioni europee e delle connessioni con le politiche in Africa parliamo con Mario Giro, professore straordinario di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università per Stranieri di Perugia, già vice ministro degli esteri e fra le voci più note della Comunità di Sant’Egidio.
Puntata a cura di Brando Ricci. Produzione audio: Roberto Valussi.
Per orientarsi nella puntata:
02:38 – I contorni del partenariato UE-Africa
05:45 – Il Global Gateway: le infrastrutture e l’ossessione per la Cina
08:30 – Un triangolo Cina-Africa-UE?
10:25 – Il Piano Mattei e il know-how italiano
13:35 – Una nuova politica UE per l’Africa post-elezioni?
17:46 – L’esternalizzazione delle frontiere in pratica
20:07 – L’opzione dei corridoi umanitari
22:01 – Quanto l’Unione Africana imita l’Unione Europea