Il Sudan, nazione strategica per la sua posizione al centro del Mar Rosso, è da tempo e sempre più ambito dai paesi arabi e da altre potenze che, approfittando del conflitto in corso ormai da quasi 11 mesi, cercano di posizionarsi militarmente.
L’ultimo a farsi avanti è l’Iran, con cui il governo militare sudanese nell’ottobre scorso ha riallacciato formalmente le relazioni diplomatiche, interrotte dal 2016.
Ma nonostante la fornitura di armi all’esercito (droni esplosivi) in guerra contro i paramilitari Forze di supporto rapido (RSF), Teheran si è visto negare – almeno per ora – la possibilità di installare una sua base permanente sulla costa.
A riferirlo è stato ieri il Wall Street Journal che cita un alto funzionario dell’intelligence sudanese, Ahmed Hassan Mohamed, secondo il quale l’Iran avrebbe offerto al Sudan armi avanzate, inclusa una nave da guerra porta elicotteri, in cambio del permesso di costruire la sua base.
Il funzionario, afferma che la base avrebbe consentito all’Iran di “raccogliere informazioni” e di “posizionare navi da guerra” vicino al vitale Canale di Suez e al nemico Israele.
Nonostante la vicinanza dei militari al potere al movimento islamista che per oltre tre decenni ha governato il paese anche col sostegno iraniano, però, la proposta di scambio è stata rigettata, nel timore, riferisce Mohamed, di incrinare ulteriormente i rapporti con Stati Uniti e di Israele, con i quali il paese ha recentemente cercato di migliorare le relazioni.
La replica alla notizia del WSJ è arrivata poche ore fa per bocca del ministro degli Esteri sudanese Ali al-Sadiq che in un’intervista all’agenzia russa Sputnik ha negato che l’Iran abbia avanzato tale richiesta.
Le dinamiche in gioco in Sudan appaiono molto complesse e i rapporti con Washington tutt’altro che sereni. In particolare dopo che funzionari del governo hanno criticano gli Stati Uniti per aver chiuso un occhio sul sostegno militare fornito dagli Emirati Arabi Uniti alle RSF.
Sul piano interno al conflitto, come abbiamo avuto modo di scrivere di recente, gli attori stranieri sono molteplici e con molteplici interessi. Schematizzando possiamo dire che, in generale, Egitto, Arabia Saudita e Ucraina foraggiano l’esercito, ed Emirati, Ciad e Russia le RSF.
Quello che emerge con evidenza è però il nuovo ruolo da protagonista dell’Iran dopo lo scoppio del conflitto in Medioriente. Teheran supporta infatti sia Hamas le milizie houthi yemenite responsabili dei sempre più frequenti attacchi alle navi commerciali nel Golfo di Aden, all’imbocco del Mar Rosso.
Il rinato interesse dell’Iran per l’Africa è testimoniato anche dal primo viaggio di un presidente iraniano negli ultimi 11 anni, compiuto già nel luglio 2023, prima dello scoppio della guerra tra Hamas e Israele, dall’allora presidente Ebrahim Raisi in Kenya, Uganda e Zimbabwe.