Iran e Russia hanno puntato l’obiettivo sull’uranio del Niger, settimo produttore al mondo con una quota di mercato globale del 4% coperta nel 2022, secondo le stime della World Nuclear Association.
Il 9 giugno il Jerusalem Post ha cavalcato l’indiscrezione secondo cui Teheran ha trovato un accordo con la giunta militare al potere a Niamey, guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, per acquistare 300 tonnellate di uranio concentrato (il cosiddetto “yellowcake”).
Secondo quanto riportato dal giornale israeliano il negoziato, di cui ha dato per primo notizia Africa Intelligence a fine aprile e che è poi stato confermato anche da Le Monde, prevederebbe come contropartita da parte di Teheran un corrispettivo di 56 milioni di dollari e la consegna alle forze armate nigerine di droni e missili terra-aria.
Nella trattativa è venuto fuori anche il coinvolgimento della società francese Orano (ex Areva), poiché proverrebbe da una delle sue miniere gestite in Niger, quella di Arlit, l’uranio da destinare a Teheran.
Le ambizioni dell’Iran
I rapporti tra Iran e Niger non sono una storia nuova. Anni fa l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, oggi nuovamente in corsa per guidare l’Iran, visitò il Niger candidando Teheran come partner alternativo alla Francia per le forniture di uranio e offrendo una collaborazione più equa rispetto a quella che veniva imposta da Parigi.
Da allora le cose in Niger sono cambiate di molto. Da fine luglio 2023 al potere a Niamey non c’è più il presidente Mohamed Bazoum, spodestato dai militari. Da allora il Niger ha progressivamente fatto piazza pulita delle presenze occidentali nel paese, accogliendo invece con favore le attenzioni di altri stati. Tra questi è tornato in auge anche l’Iran.
Sempre più isolato a livello internazionale, con le sanzioni occidentali che ne limitano le possibilità di importazione e una produzione interna di uranio non in grado di soddisfare la richiesta domestica di elettricità, Teheran confida molto nell’avvio di forniture da progettare sul lungo termine da parte del Niger.
Ciò che temono i suoi rivali è che possa usare l’uranio nigerino non solo per scopi civili ma anche militari. Un timore paventato dalla stessa Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che lo scorso febbraio ha espresso preoccupazione rispetto alla capacità del paese di produrre armamenti nucleari.
A maggio un report dell’AIEA ha rivelato che le sue scorte di uranio arricchito ammontano a 6.201,3 kg rispetto ai 5.525,5 kg di febbraio, più di 30 volte il limite autorizzato dall’accordo internazionale del 2015.
L’ultima intesa con il Niger rappresenta d’altronde solo uno snodo di un dialogo partito da mesi. Come confermano gli incontri presenziati tra ottobre 2023 e gennaio 2024 dal presidente iraniano Ebrahim Raisi, scomparso a maggio, con il ministro degli Esteri della giunta nigerina Yaou Sangaré Bakary e il primo ministro Ali Mehman Lamine.
La partita di Mosca
Tra i paesi desiderosi di mettere le mani sull’uranio del Niger c’è anche la Russia. Stando a quanto ha riferito a inizio giugno l’agenzia Bloomberg Rosatom, azienda di stato russa attiva nel settore dell’energia nucleare, ha avviato dei contatti con esponenti della giunta militare del Niger per ottenere permessi estrattivi nel paese.
Nel mirino di Rosatom ci sarebbero dei siti in cui potrebbe allentare le proprie attività Orano, che in Niger detiene le quote di maggioranza delle compagnie locali Somair e Cominak. La notizia è stata però in seguito smentita da Rosatom e Orano.
Difficile d’altronde credere in un disimpegno a stretto giro della multinazionale francese. Le forniture di uranio nigerino sono al momento imprescindibili per Parigi che dal paese del Sahel importa quantitativi di metallo pesante necessari per contribuire all’alimentazione dei reattori nucleari che generano il 65% dell’elettricità distribuita in Francia.
Al pari delle relazioni tra Iran e Niger, anche l’interesse del Cremlino per l’uranio nigerino non è una novità. Un interesse certificato a marzo dalla visita di una delegazione del governo di Niamey a Sochi, dove ha partecipato al forum Atomexpo, evento di punta dell’industria nucleare russa.
Del tentativo di Rosatom di allargare i suoi affari in Niger al momento sembra essere più preoccupata Washington che Parigi (dall’invasione russa dell’Ucraina sul fronte nucleare i rapporti tra le società francesi e quelle russe non si sono interrotti).
L’ultimo tentativo degli Stati Uniti di tenere aperto il dialogo con la giunta militare del Niger si è concluso con un nulla di fatto dopo una visita della funzionaria del Dipartimento di Stato Molly Phee. Pochi giorni dopo il Niger ha chiesto alle truppe statunitensi di lasciare il paese.
Questa uscita di scena, sommata a quella di mesi prima della Francia, ha di fatto spalancato per Mosca e Teheran l’accesso alle ricche miniere del Niger.