Il giorno dopo il “Pandemonium”, come titola in prima pagina il Daily Nation questa mattina (26 giungo), in Kenya sembra tornata la calma. Una calma che assomiglia al calo di tensione nervosa che arriva dopo un grave shock e che sa di veglia.
Molte sono le famiglie che in queste ore piangono i figli morti e assistono quelli feriti. Le vittime degli scontri di piazza e della repressione della polizia di ieri sarebbero almeno cinque, ma diverse fonti dicono 10 e perfino 13. I feriti sarebbero almeno 115 solo a Nairobi. Questo era il numero dei ricoverati al Kenyatta National Hospital ieri alle 18, secondo un funzionario dell’ospedale. Davvero troppi per una dimostrazione pacifica in cui le uniche armi viste in mano ai manifestanti erano le fionde. Ma il bilancio é destinato a salire. Sono infatti ancora molto frammentarie le notizie che arrivano dalle contee – 35 su 47 hanno partecipato alle dimostrazioni contro la legge finanziaria – dove pure si sono avuti scontri e disordini.
Rapimenti preventivi?
Anche il numero degli arrestati è stato altissimo, ancor prima dell’inizio delle dimostrazioni. Secondo dichiarazioni di organizzazioni per la difesa dei diritti umani, sarebbero stati rapiti (abducted scrivono tutti gli articoli sul tema) molti attivisti, e in particolare gli influencer che avevano stimolato la protesta attraverso i social media. Il Daily Nation di oggi dedica due approfondimenti al tema. Il primo racconta il risultato dei disordini: “Protesters incur heavy casualties amid runnig battles with police (I dimostranti vanno incontro a pesanti perdite durante gli scontri in corso con la polizia”. Il secondo , piú specifico, dice che fin da domenica erano state formate squadre speciali incaricate di far sparire gli influencer a capo della mobilitazione dei giovani. “Inside abduction squads targeting top influencer (Dentro le squadre di rapimento che puntano ai maggiori influencer)”. Le unità sarebbero formate da uomini dei servizi di intelligence, dell’antiterrorismo, del dipartimento per le investigazioni sui criminali. Il loro obiettivo, dice l’ochiello dell’articolo, è seminare la paura. E’ da sottolineare che il diritto a espremire le proprie idee e a dimostrare pacificamente è garantito dalla costituzione del paese.
La dinamica dei fatti che ha portato ieri alla devastazione del Parlamento non è ancora del tutto chiara. Secondo la ricostruzione più accredita, la folla di giovani assiepata davanti al Parlamento, dove si stavano votando gli emendamenti alla legge finanziaria, ha alzato la pressione sul cordone della polizia quando si é diffusa la notizia che la legge finanziaria era stata approvata (con gli emendamenti proposti nella prima seduta) con 195 sí e 102 no. Molti i parlamentari assenti. La polizia ha sparato e la folla ha forzato il cordone di protezione dilagando nel compound del Parlamento.
Le parole chiave del presidente (che non ascolta)
Nel discorso alla nazione tenuto alle 9 di ieri sera, il presidente William Ruto ha definito i fatti delle giornata come tradimento e ha dichiarato che i disordini erano stati orchestrati da “criminali” che pretendevano di essere dimostranti pacifici. Cioè, a suo parere, i giovani erano stati manipolati da qualcuno che li aveva usati per fomentare il caos nel paese. E per questi burattinai occulti non ci sarebbe stata alcuna pietà. Parole che hanno svilito la protesta dei giovani senza dare loro alcuna risposta, se non la promessa di una “conversazione” sui temi da loro posti.
Ha poi annunciato il dispiegamento dell’esercito per supportare le forze dell’ordine nel mantenere la calma nel paese. Il provvedimento si trova nella Gazzetta Ufficiale alla data di ieri, 25 giugno. Chissà che non fosse già pronto ancor prima della manifestazione. Il dispiegamento dell’esercito per mantenere l’ordine pubblico è considerato incostituzionale dall’opposizione e da esperti costituzionalisti.
I vescovi stanno con i giovani
Sui fatti di ieri si sono espressi ufficialmente istituzioni e leader politici. La prima ad uscire con un lungo e articolato comunicato stampa firmato da tutti i vescovi del paese è stata la Conferenza episcopale del Kenya. Nel documento si ribadisce la necessità del dialogo, già raccomandato nei giorni precedenti. Si dice chiaramente che gli scontri e i disordini non erano certamente nelle intenzioni dei giovani e si raccomanda alla polizia di non sparare su dimostranti inermi. Si ribadisce anche il giudizio negativo sulla legge finanziaria, che imporrebbe una tassazione che non può essere sostenuta dalla maggioranza della popolazione. Infine si chiede che le richieste dei giovani, che la Chiesa è disponibile a supportare, siano rispettate e prese in considerazione.
In serata è stata diffusa anche una presa di posizione degli ambasciatori occidentali in cui si richiama il diritto a manifestare pacificamente riconosciuta dalla costituzione, si loda l’impegno civico dei giovani e si esprime preoccupazione per quanto successo nella giornata. Il documento porta la firma delle ambasciate di Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Olanda, Estonia, Norvegia, Svezia, Romania, Belgio, Gran Bretagna e Stati Uniti. Spicca l’assenza dell’ambasciata italiana.
Sono interventi sui fatti di ieri anche l’ex presidente, Uhuru Kenyatta, che ha sottolineato la necessità del dialogo, e il capo dell’opposizione, Raila Odinga, che ha chiesto all’Unione Africana e all’Onu di monitorare la situazione per «salvare vite e il paese (stesso ndr)».