Il gruppo che si fa chiamare Anonymous Sudan ha rivendicato la responsabilità dell’attacco informatico compiuto ieri contro un’importante piattaforma online governativa del Kenya. Attacco che ha reso inaccessibili la maggior parte dei servizi.
Il portale E-Citizen è utilizzato dai cittadini kenyani e dagli stranieri nel paese per accedere a oltre 5mila servizi governativi, che includono domande e rinnovi di passaporti, patenti di guida, carte d’identità e cartelle cliniche.
Ma è anche fondamentale per gli stranieri in ingresso che lo utilizzano per richiedere il visto. Per questo il governo ha annunciato che, in attesa di ristabilire le normali funzionalità della piattaforma, “ai viaggiatori sarà rilasciato il visto all’arrivo in tutti i punti di ingresso in Kenya”.
Cosa che molto probabilmente creerà congestione ai banchi di sdoganamento negli aeroporti.
Ieri il segretario del ministero dell’informazione, della comunicazione e dell’economia digitale, Eliud Owalo, aveva spiegato che “l’inattività del portale E-Citizen è stata causata da hacker che hanno tentato di bloccarlo attraverso un sovraccarico di richieste di dati”. Ma, ha assicurato, “non è stato effettuato alcun accesso a dati sensibili”.
Anonymous Sudan è considerato un gruppo filo-islamista, autore di numerosi attacchi informatici a strutture di paesi occidentali dall’inizio dell’anno.
Ma, secondo quanto pubblicato sul suo sito dall’azienda di sicurezza informatica Hitachi Systems Security, “non ha nulla a che fare né con Anonymous né con il Sudan. Nonostante l’uso dell’arabo e dei riferimenti religiosi per scopi politici, tutto ciò fa parte di una strategia di disinformazione russa”.
“Si dice che Anonymous Sudan sia affiliato a Killnet; un gruppo di attivisti informatici filo-russi sostenuto dal Cremlino”, si legge ancora. “La società svedese di sicurezza informatica Truesec ha trovato prove che l’account Telegram del gruppo si trova in Russia”.
Proprio il suddetto canale è stato usato dal gruppo per rivendicare l’azione, sostenendo di voler così punire il Kenya per la sua presunta interferenza negli affari interni del Sudan.
“L’infrastruttura critica del Kenya è stata presa di mira e continuerà ad essere presa di mira per insegnare al suo governo arrogante una lezione sul non immischiarsi negli affari interni sudanesi e su ciò che il Sudan può fargli”.
Gli hacker hanno anche affermato di aver preso di mira varie altre infrastrutture online su più domini nel paese. Dalle telecomunicazioni ai siti web di varie università, dalle organizzazioni sanitarie alle piattaforme di trasferimento di denaro, dai sistemi di e-banking ad altri servizi elettronici, come quello della società di servizi pubblici Kenya Power.
Il gruppo ha inoltre promesso di colpire oltre 100 altre “infrastrutture critiche” del paese.
Il mese scorso la giunta militare golpista sudanese, guidata dal generale Abdel Fattah al-Burhan – in guerra dal 15 aprile contro gli ex alleati paramilitari Forze di supporto rapido (RSF) – ha bloccato sul nascere l’iniziativa di mediazione dell’IGAD.
L’11 giugno il blocco regionale aveva formato un gruppo di quattro paesi – Kenya, Sud Sudan, Somalia ed Etiopia -, guidato dal presidente kenyano William Ruto, incaricato di facilitare un incontro tra il capo delle RSF, Mohamed Dagalo “Hemeti” e al-Burhan.
Ma quest’ultimo ha drasticamente rifiutato il coordinamento kenyano, accusandolo di parteggiare per il nemico.
L’esercito sudanese ha anche risposto duramente alla proposta, avanzata da Ruto, di inviare in Sudan un contingente composto da militari di vari paesi dell’Africa orientale con funzioni di peacekeeping.
Irritato, il vicecomandante in capo delle forze armate sudanesi, Yasirr al-Atta, ha risposto avvertendo che qualsiasi schieramento di truppe straniere in Sudan sarà considerato come una forza nemica, indipendentemente dalla sua missione.