In Kenya la libertà di stampa è sotto attacco. Lo dice il Kenya Media Sector Working Group (KMSWG, Gruppo di lavoro del settore dei media keniani), coalizione di una ventina di associazioni a diverso titolo impegnate nel campo dell’informazione. Accusano in particolare le disposizioni del governo in materia di pubblicità.
Una prima disposizione, risalente alla fine dell’anno scorso, ha assegnato la pubblicazione del settimanale governativo, MyGov, al quotidiano The Star. Dal 9 gennaio ogni martedì per due anni il giornale distribuirà gratuitamente le sue copie con la pubblicazione governativa in cui si trovano informazioni su gare d’appalto pubbliche, comunicazioni dei vari ministeri, offerte di lavoro degli uffici pubblici ad ogni livello insieme a notizie relative alle politiche di sviluppo nei vari settori. Un bel regalo per The Star, un giornale che potremmo paragonare a un quotidiano della sera, non di grande approfondimento e nemmeno di grande tiratura dal momento che finora aveva coperto a mala pena il 3% del mercato.
Una grande aiuto per un piccolo giornale
Negli ultimi anni l’inserto governativo era stato pubblicato dal Daily Nation, il più diffuso e autorevole quotidiano del paese.
Il governo giustifica la decisione con il fatto che The Star ha presentato il costo più conveniente alla gara d’appalto per l’assegnazione del lavoro. Gli operatori del settore pensano invece che sia una decisione eminentemente politica, volta a limitare le loro possibilità di continuare a svolgere un lavoro di informazione incisivo, spesso anche critico nei confronti delle politiche del governo. Gli introiti per la pubblicità pubblica contano infatti per il 30% nei bilanci dei maggiori giornali keniani.
Stessa situazione stanno vivendo anche le emittenti radio e televisive. Una recente disposizione del dipartimento competente nel ministero per l’informazione ordina a tutti gli enti pubblici – ministeri, commissioni e agenzie statali, scuole ed università pubbliche – di diffondere informazioni e annunci pubblicitari solo attraverso la Kenya Brodcasting Corporation (KBC), la rete controllata dal governo. Le associazioni dei giornalisti e i gruppi dell’informazione indipendente hanno deciso di denunciare il governo. Vedremo come interverrà il sistema giudiziario.
La riduzione drastica del sostegno governativo all’informazione libera non era però una mossa del tutto inaspettata. Lo scorso giugno Moses Kuria, allora ministro per gli Investimenti, il commercio e l’industria, aveva diffuso una serie di tweet in cui si offendevano gravemente e si attaccavano in particolare i giornalisti del Nation Media Group (NMG), il gruppo multimediale indipendente più importante dell’Est Africa, basato a Nairobi. In Kenya pubblica, tra gli altri, il quotidiano Daily Nation e il settimanale regionale The East African. Ha una rete radio televisiva, The Citizen, il cui segnale raggiunge anche le zone rurali più remote.
In buona sostanza, Kuria riteneva i giornalisti del NMG colpevoli di aver condotto inchieste sulla corruzione nel suo dicastero. Nei giorni precedenti lo stesso ministro, in un infiammato discorso, aveva minacciato di licenziare qualsiasi funzionario governativo che avesse supportato il gruppo per mezzo di contratti pubblicitari, ben consapevole di mettere così in difficoltà l’informazione critica.
Il report di RSF
Gli episodi sono ricordati anche nell’ultimo rapporto sulla libertà di stampa pubblicato l’anno scorso dall’organizzazione Giornalisti senza frontiere (Reporters Without Borders, in francese Reporters Sans Frontieres, RSF). Nel capitolo dedicato al Kenya si legge: «Giornalisti senza frontiere è allarmata dal declino della libertà di stampa in Kenya nel corso dell’anno (2022/2023, ndr), da quando William Ruto è stato eletto presidente, un declino segnato da un aumento degli attacchi della polizia ai giornalisti durante manifestazioni di protesta e dall’ostilità dichiarata del governo verso i media».
Il capitolo, oltre agli episodi ricordati sopra, elenca una lista di preoccupanti violenze ed abusi. Durante le diverse ondate di proteste organizzate dall’opposizione nel corso del 2023, alcune decine di giornalisti sono stati arrestati o feriti mentre documentavano gli avvenimenti mentre telefonini, macchine fotografiche e altri strumenti del mestiere venivano distrutti. Un poliziotto in abiti civili, sostiene il rapporto, ha gettato un candelotto di gas lacrimogeno all’interno di un automezzo della stampa, ferendo due giornalisti, uno dei quali gravemente. L’intimidazione é continuata anche dopo la sua uscita dall’ospedale tanto da costringerlo a vivere nascosto.
«Rischi del mestiere…»
Inoltre, denuncia ancora il rapporto, nel marzo dell’anno scorso sarebbe stata creata un’unità di polizia speciale, l’Operational Support Unit, i cui membri, che operano in abiti borghesi, avrebbero il compito di silenziare le critiche durante le proteste e di mettere a tacere i giornalisti che parlano troppo. L’ispettore generale della polizia, Japhet Koome, interrogato sulle violenze nei confronti dei giornalisti durante le proteste, ha assicurato che erano accidentali e che tuttavia gli incidenti di cui gli si chiedeva conto erano un rischio del mestiere del reporter. La frase si commenta da sola.
Nell’indice di di RSF sulla libertá di stampa, il Kenya é precipitato in un anno dal 69° al 116° posto.