In Kenya il leader della coalizione di opposizione Azimio la Umoja, Raila Odinga, ha annunciato ieri la sospensione temporanea delle proteste antigovernative per l’alto costo della vita e presunte irregolarità elettorali, iniziate il 20 marzo. Il veterano oppositore si è quindi detto disposto al dialogo con il governo.
La svolta è arrivata dopo un appello in diretta televisiva del presidente, seguito da un comunicato, in cui William Ruto ha chiesto a Odinga di sospendere le manifestazioni, indette per ogni lunedì e giovedì. Il quarto raduno, previsto per oggi e annunciato come il #MegaMonday, è dunque stato annullato.
Ma, ha avvertito Odinga, se non ci fosse “nessun impegno o risposta significativa” da parte di Ruto, le proteste ricominceranno in una settimana. Nei disordini avvenuti durante le precedenti manifestazioni sono rimaste uccise tre persone, tra cui un poliziotto, con circa 400 feriti, distruzioni di proprietà e 25 attacchi e violazioni contro giornalisti locali e stranieri, anche da parte di forze del governo.
Le posizioni delle due parti restano molto distanti. Anche perché una delle rivendicazioni di Odinga è proprio la presidenza, sottrattagli in modo illecito, sostiene, con il voto dell’agosto 2022. Una disputa conclusa, sul piano costituzionale, con la sentenza della Corte Suprema che ha confermato Ruto alla guida del Paese.
Altro nodo spinoso è la nomina dei membri della nuova commissione elettorale, che l’opposizione sostiene siano scelti tra i sostenitori del presidente per assicurarsi la riconferma alle prossime elezioni. Il processo di nomina è già avviato, ha ricordato Ruto, dicendosi però disponibile a “una riforma bipartisan in parlamento entro i parametri della legge e la Costituzione”.
Citando Churchill (“Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare, ma è anche quello che serve per sedersi e ascoltare”), Ruto ha dunque fatto il primo passo di un percorso che potrebbe portare a una soluzione politica della contesa. In una sorta di remake della crisi seguita alle elezioni del 2017 e conclusa con il famoso handshake tra Odinga e l’allora presidente Uhuru Kenyatta.
L’apertura di Ruto arriva anche in seguito alle crescenti pressioni per un dialogo fatte dai leader religiosi – tra cui anche la Conferenza episcopale del Kenya – dall’Unione Africana e dai governi occidentali – Regno Unito e Usa su tutti -, preoccupati per gli impatti negativi della crisi sulla fragile economia, sulla percezione di stabilità e sicurezza del paese e sugli investimenti esteri.
Un punto, quest’ultimo, a cui tiene molto l’amministrazione Ruto che sta cercando disperatamente di attrarre riluttanti investitori dall’Occidente. Perché la crisi morde, le casse dello Stato sono sempre più vuote e i giovani hanno sempre meno bisogno di essere spronati dall’opposizione per scendere in strada.