Kenya: vietato ammalarsi. La sanità in crisi profonda - Nigrizia
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Situazione disperata negli ospedali pubblici dopo un mese di scioperi
Kenya: vietato ammalarsi. La sanità in crisi profonda
Quattro settimane di scioperi ad oltranza di medici, paramedici, funzionari, nutrizionisti e tecnici di farmacia, stanno mettendo a dura prova il già disastrato sistema sanitario nazionale. E ora minaccia di incrociare le braccia anche il personale del settore privato. Finora il governo ha optato per la linea dura. “Non ci sono i soldi per soddisfare le richieste salariali”, la secca risposta del presidente Ruto
12 Aprile 2024
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti

In questi giorni ammalarsi in Kenya potrebbe essere davvero pericoloso. Da metà marzo il servizio sanitario pubblico, l’unico accessibile alla maggior parte dei kenyani, è stato infatti progressivamente bloccato da scioperi ad oltranza del personale medico e sanitario.

I primi ad incrociare le braccia, il 13 marzo, sono stati i medici, guidati dal loro sindacato, l’Unione dei medici e dei dentisti del Kenya (Kenya Medical Practitioners and Dentist Union – KMPDU) che rappresenta 7mila iscritti. Chiedono che vengano pagati gli arretrati degli aumenti salariali concordati nel contratto collettivo di lavoro siglato nel marzo 2017, dopo uno sciopero durato più di tre mesi, un’adeguata copertura assicurativa e il reclutamento di 4mila nuovi laureati per il periodo di tirocinio previsto dalla legge.

Il segretario generale Davji Atellah, al momento della comunicazione dell’azione sindacale, ha dichiarato che, nonostante tutti gli sforzi prodotti, «la risposta del governo è stata inadeguata e priva dell’urgenza necessaria a risolvere in modo effettivo questi problemi».

Nei giorni successivi sono scesi in sciopero anche gli ufficiali clinici, personale medico di supporto che svolge un ruolo critico nel sistema sanitario del paese, fungendo da filtro al lavoro dei medici – pochi rispetto ai bisogni della popolazione – e fornendo assistenza medica e chirurgica nei casi più semplici e comuni.

Peterson Wachira, presidente del loro sindacato, la Kenya Union of Clinical Officers (KUCO), ha dichiarato che sciopereranno fino a quando le loro richieste, molto simili a quelle dei medici, non saranno ascoltate. Anche Wachira lamenta che tutte le vie negoziali si sono rivelate non percorribili.

Ultimi, per ora, ad unirsi alla protesta, i funzionari della sanità pubblica, i nutrizionisti, i tecnici di farmacia, che hanno incrociato le braccia il 9 aprile. Nella dichiarazione congiunta, i vertici dei tre sindacati che li rappresentano, lamentano che il loro appello al governo, diffuso la settimana precedente, non ha portato all’apertura di trattative. “Disgraziatamente, questo periodo è scaduto senza nessuna azione sostanziale o risposta soddisfacente da parte delle autorità responsabili”.

Gli infermieri stanno tenendo ancora aperta la porta alla trattativa, ma potrebbero unirsi alla protesta nei prossimi giorni. E dalla prossima settimana dovrebbe entrare in sciopero anche il personale degli ospedali privati. L’ha comunicato l’11 aprile in una conferenza stampa Simon Kigondu, presidente dell’Associazione dei medici del Kenya.

La ragione addotta è indicativa del comune modo di pensare della gente: fin quando l’agitazione sindacale non toccherà anche le élite del paese, quelli che possono pagare, e salato, per le cure mediche, la situazione non sarà risolta.

L’unico provvedimento finora preso è stato lo stanziamento di 2,4 miliardi di scellini (poco più di 17 milioni di euro) per i dottori in formazione, offrendo uno stipendio tra i 45 e i 70mila scellini mensili (dai 300 ai 500 euro) a fronte di una richiesta sindacale di 150mila (poco più di 1000 euro) e anche di più secondo altre fonti.

La proposta è stata rigettata con forza non solo per l’inadeguatezza salariale ma soprattutto perché non risponde alle richieste del settore in modo globale. Decodificato: il ministero tenta di dividere la categoria; per di più lo fa con proposte irricevibili.

Commenti e osservazioni di persone competenti ed autorevoli dicono che il governo non starebbe affrontando la situazione in modo costruttivo. Elly Nyaim, ex presidente dell’Associazione medica del Kenya ha fatto notare che, mentre lo sciopero sta provocando grandi sofferenze alla popolazione, alcuni funzionari governativi non hanno fatto nessuno sforzo per capire la situazione.

In effetti sembra che il governo preferisca andare allo scontro, appellandosi al tribunale e ingiungendo agli scioperanti di riprendere il lavoro, ottenendo come risposta che nessuno ha intenzione di cedere alle intimidazioni. Lo stesso presidente William Ruto ha contribuito all’alzarsi della tensione affermando che non ci sono soldi per le richieste salariali del personale sanitario.

Intanto dagli ospedali arrivano informazioni, testimonianze e immagini preoccupanti. Secondo una rapidissima e limitata inchiesta del Daily Nation, a Nairobi il nosocomio che risente di più dello sciopero del personale medico è il Kenyatta National Hospital, 650 posti letto, il più grande e importante ospedale pubblico del paese. Le sue guardie mediche, di solito superaffollate, sono ora deserte.

Pochissimi pazienti anche nei reparti specializzati, come l’oncologia e la maternità. Nei giorni scorsi la direzione sanitaria ha licenziato un centinaio di medici in sciopero comunicando contestualmente che assumerà medici dai paesi della regione per coprire, almeno parzialmente, i reparti più delicati, come l’oncologia. I sindacati in sciopero permettono comunque il lavoro dei loro associati nei casi di emergenza.

Si tratta dunque di una crisi profonda in uno dei settori cruciali per il rapporto tra il governo e i suoi cittadini, di cui in questo momento non si vede una via d’uscita percorribile nei prossimi giorni. Intanto i kenyani sono rimasti praticamente senza assistenza sanitaria.

Questo in un paese in cui la Costituzione e il programma di sviluppo a medio termine conosciuto come Vision 2030, prevedono che sia a tutti loro fornita assistenza sanitaria al più alto livello possibile.

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