L’inconscio è complesso, vi si annidano componenti di sé che a volte è difficile riconoscere e affrontare davvero. Vale per le persone ma può esserlo anche per le nazioni. Guardate al Belgio a esempio, e alla sua drammatica e violenta dominazione coloniale nell’odierna Rd Congo. Una grande mole di materiale sulla storia di questo periodo, quasi un secolo fra il 1885 e il 1960 e milioni di vittime fra la popolazione locale, si trova esposta (ma anche nascosta) nell’Africa museum. Un tempo noto come Museo del Congo belga e poi come Museo reale dell’Africa centrale, l’edificio è situato a Tervuren, un sobborgo di Bruxelles.
La struttura è stata a lungo l’emblema del colonialismo belga e dei suoi aspetti più grotteschi, dalle mostre con essere umani portati apposta dal grande paese africano per essere ammirati come animali, fino all’onnipresente avorio che per primo ha mosso il saccheggio della regione. L’enorme spazio espositivo, dopo una ristrutturazione lunga cinque anni, è stato riaperto, finalmente “decolonizzato”, nel 2018.
Ma l’inconscio, come detto, svela contraddizioni e inconsistenze, anche quelle dei discorsi apparentemente meglio intenzionati. E allora, un passato oscuro che si voleva mettere da parte torna a volte a ingombrare con i cocci della sua stessa rimozione, forse troppo affrettata.
Di tutto questo ha scritto nel suo ultimo libro Christophe Bolstanski, giornalista ed ex corrispondente di guerra che per una notte si è fatto chiudere dentro il museo, potendolo esplorare in totale solitudine e poi anche dormendoci. Il cronista ha potuto riposare all’ombra del gigantesco “King Kasai” che dà il nome al libro. Un immenso elefante ucciso nel 1956 dal cacciatore Alphonse de Boekhat, ricca famiglia che tanto ha contribuito allo sforzo coloniale del Belgio in Congo e alla cui storia Bolstanski dedica molte pagine del libro.
Sulle prime l’operazione intrapresa dal cronista può sembrare inutilmente eccentrica. Il volume fornisce invece una scorrevole, per quanto parziale, prospettiva sulla storia del colonialismo belga in Congo. Una fase storica che inizia sottoforma di proprietà privata del Re Leopoldo II – dalla Conferenza di Berlino nel 1885 fino al 1908 – e prosegue poi come vera e propria colonia belga fino all’indipendenza congolese nel 1960.
Bolstanski non si fida del nuovo Africa Museum. La stessa organizzazione dello spazio espositivo dice molto della confusione con cui Bruxelles cerca di comprendere il suo passato: le statue che più di tutte esprimono gli stereotipi razzisti di un tempo sono state nascoste. Ma per una serie di complessi passaggi, oggi sono una delle prime cose che si vede quando si inizia a visitare la struttura. «Non sono il solo a brancolare nel buio», afferma Bolstasnki lasciandosi alle spalle la sala che le ospita nel cuore della notte, guardando un po’ a tutto il Belgio.