Si sta svolgendo in questi giorni, a Bujumbura, in Burundi, la seconda edizione dell’Expo del turismo regionale dell’Africa orientale (Earte), riunita intorno al tema “Ripensare il turismo per lo sviluppo economico sociale”. Con l’occasione della Giornata mondiale del turismo, svoltasi il 27 settembre, la fiera ha attirato oltre 250 espositori da più di 10 paesi africani e 120 agenti di viaggio internazionali, con la visita di altri 2.500 professionisti del settore.
L’iniziativa è stata inaugurata lo scorso anno e si è tenuta in Tanzania, dove i tutti i paesi interessati si sono riuniti con l’obiettivo costruire un percorso comune per promuovere tutta quell’area del continente come un’unica meta turistica. Il tema, nello specifico, titolava “Promozione del turismo resiliente per uno sviluppo socio-economico inclusivo”, ai fini di ragionare su come rilanciare e rinnovare il settore turistico dopo la drammatica crisi causata dalla pandemia di Covid-19.
Proprio in questi mesi, tuttavia, l’argomento della gestione del turismo in Africa si è trovato al centro di numerose polemiche: si pensi allo scandalo per le violenze commesse dal governo della Tanzania ai danni dei maasai, che si sono visti scacciati dalle loro terre proprio ai fini di ampliare i territori da destinare ai safari turistici e alle battute di caccia grossa per la famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti, di cui si è più volte parlato.
Un fatto ancora più grave, se si tiene conto del fatto che in quella zona molti animali selvatici, anche di specie protetta, stanno morendo a causa della siccità.
La necessità di un rinnovamento vero nel settore turistico, che smetta di favorire un ulteriore sfruttamento del territorio e dei suoi abitanti, è avvertito come ormai sempre più urgente. Non tutti, però, sembrano al momento davvero intenzionati a uniformarsi a questa necessità.